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Ma il cristianesimo c’entra qualcosa con la democrazia?

by Luigi Gravagnuolo
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Nel 2004 Joseph Ratzinger, allora cardinale, e il filosofo Jürgen Habermas si confrontarono su fede e ragione in un memorabile incontro tenutosi a Monaco di Baviera. La sua registrazione fu poi trascritta e pubblicata in traduzione italiana da Marsilio Editore nel 2005 col titolo “Ragione e fede in dialogo”. Il futuro pontefice e il celebre esponente della Scuola di Francoforte convennero in quella sede nel confutare la tesi a lungo egemone tra gli storici della filosofia circa una insanabile contraddizione tra illuminismo e cristianesimo. Il tema non era peregrino.

Molti ricorderanno l’aspro dibattito che si sviluppò a inizio secolo in merito all’opportunità o meno di inserire nella mai approvata Costituzione dell’Unione Europea il riferimento alle radici cristiane dell’Europa. Il concetto, e quindi relativo articolo della bozza di Costituzione Europea, non fu condiviso da quanti sottolinearono la pari valenza delle radici islamiche, con riferimento all’area balcanica, e soprattutto l’imprescindibilità del pensiero illuminista nella edificazione della liberaldemocrazia euroccidentale, cioè del tratto distintivo della nostra civiltà euro-occidentale. E, visto che a loro avviso l’illuminismo, grembo gestante della democrazia, era sorto e si era sviluppato in opposizione al cristianesimo, richiamare nella costituzione le radici cristiane dell’Europa appariva fuorviante.

Orbene, Ratzinger e Habermas convennero invece che l’illuminismo sia in realtà un’evoluzione, piuttosto che una contraddizione del pensiero cristiano e che pertanto esso non sia pienamente comprensibile se non alla luce di esso. Per i due tra fede e ragione, tra rivelazione e razionalità laica non c’è contrasto, le due dottrine sono conciliabili. La moderna democrazia nasce anzi proprio dalla sintesi di pensiero cristiano e razionalismo analitico.

Eugenio Mazzarella, docente di Filosofia Teoretica alla Federico II di Napoli e preside emerito della sua Facoltà di Lettere e Filosofia, muove dalla lettura del dialogo di Monaco tra quei due giganti del pensiero del Novecento per focalizzare la sua attenzione sulle radici cristiane dell’Europa. Ha senso negare tale legato contrapponendogli le radici illuministiche? C’entra qualcosa il cristianesimo se ‘la più grande piattaforma dei diritti (naturali, umani, di cittadinanza) che la storia della civilizzazione umana abbia finora conosciuto e conosca’ si colloca in Europa e non altrove? E può dire qualcosa ancora oggi il Cristianesimo, e con esso la Chiesa cattolico-romana, nella costruzione di un comune sentire universale basato sul valore della persona umana, a partire dai suoi diritti civili, politici e sociali?

A queste domande risponde Mazzarella nel libello ‘EUROPA, CRISTIANESIMO, GEOPOLITICA – Il ruolo  geopolitico dello “spazio” cristiano’, editato pochi mesi or sono da Mimesis per la collana Minima volti. L’autore lo dedica ‘A Papa Francesco che indica la strada’.

Nel primo capitolo Mazzarella ricapitola e approfondisce i termini del dialogo monacense del 2004 tra Ratzinger ed Habermas, sviscerandone gli esiti nella nostra legislazione costituzionale. Rinvia anche l’autore alle tesi di Ernst-Wolfgang Böckenförde, laddove il filosofo del diritto tedesco, da poco scomparso, sostiene che il pluralismo europeo non restringe la sfera della dignità umana ai diritti dell’individuo, ma fonda la sua piena effettività sociale sulle basi etiche e religiose che lo hanno reso storicamente possibile. E d’altra parte il pluralismo in Europa, prima che come pluralismo politico, nasce storicamente come libertà religiosa, pluralismo delle confessioni; una conquista  costata secoli di lotte dolorose nel cuore dell’Europa, ma che pure è un fiume che ha sorgenti cristiane. Per converso, la crisi attuale delle nostre democrazie prende origine dalla riduzione del pluralismo all’individualismo dei diritti, cui fa da pendant la negazione dei doveri sociali dei singoli e dei gruppi.

Forte di queste premesse metodologiche, ed alla loro luce, Mazzarella passa poi ad esaminare due condizioni sociali proprie del nostro tempo, l’inverno demografico ed il ruolo che ha – che sta progressivamente perdendo – lo ‘spazio cristiano’ nell’assetto geo-politico mondiale e quello che avrebbe ancora la potenzialità di svolgere.

Quanto all’inverno demografico, Mazzarella parla della nostra società come ‘un vivente terminale’.  È viva, ancora ‘sente’ se stessa come attiva, pulsante, ma le cellule che ne costituiscono la tessitura bio-sociale, cioè le persone, non si riproducono più agli stessi ritmi del periodo della giovinezza storica dell’Europa. La proiezione generativa delle famiglie nel nostro continente sta svanendo, parallelamente sta crescendo il rischio della scomparsa della nostra civiltà, quindi anche del contributo che essa può dare alla definizione di un nuovo ordine mondiale fondato su giustizia, eguaglianza e libertà.

A proposito delle migrazioni l’autore rasenta il politically incorrect , laddove dice esplicitamente che il calo demografico della vecchia Europa non può essere colmato sic et simpliciter dall’accoglienza dei migranti; i quali vanno sì ricoverati ed integrati nelle nostre città e terre, ma con i quali la condivisione non può essere solo quella del materiale tenore di vita, bensì anche quella immateriale del modo di vita legato ai nostri valori condivisi. Sotto questo riguardo Mazzarella pare anche prendere le distanze dall’ipotesi dell’introduzione nel nostro ordinamento dello ius soli, quando esso sia palesemente ‘contrastivo al “suolo” della cittadinanza cui si chiede accoglienza e integrazione’.

Dunque la necessità di un sostegno efficace alle famiglie generative, cioè riproduttive, e di un conseguente contrasto alla cultura del presentismo, del consumo del desiderio senza speranza nel futuro, che oggi appare egemone, specie nelle nuove generazioni. Qui l’espressione di Mazzarella si fa dura, esplicita: ‘Può interessarsi davvero al futuro dei suoi figli una società che non li fa? E può essere accogliente una società che non accoglie neanche più se stessa?

Quanto allo scenario globale l’autore constata come l’Occidente abbia avuto una notevole capacità di irradiare nel mondo il suo modello di economia capitalista ed il suo individualismo mercatorio, su cui l’Oriente e da qualche tempo anche il Sud del mondo hanno dimostrato una ragguardevole capacità di assimilazione, ricavandone indubbi vantaggi competitivi ed in termini di crescita. Questi Paesi hanno recepito la lex mercatoria dell’homo economicus occidentale, non però l’humus fondativo della persona, la scommessa cristiana della pari dignità creaturale di ogni individuo, qual che sia il suo posto nella gerarchia sociale. È su quest’ultimo piano che papa Bergoglio si eleva di una spanna sulle diatribe culturali e politiche dell’Occidente. La Chiesa di Bergoglio è chiamata ad uscire dal ‘ritiro dalla grande storia’ , dal rifugio nella mera azione caritatevole, per giocare un ruolo da protagonista nella costruzione di un mondo di pace, di custodia del creato, socialmente giusto.

La prospettiva è quella dell’intensificazione del dialogo interreligioso planetario. Dio è uno non l’idolo di una parte, che magari se ne fa strumentalmente insegna per il proprio esercito. La Chiesa di Bergoglio ha le carte in regola per chiamare il mondo alla convivenza pacifica perché è l’unica tra le grandi religioni che ha ‘chiesto scusa’ per i suoi drammatici errori storici, incamminandosi finalmente sul sentiero della conversione penitenziale nella sua attuale azione nel secolo. Ora – dice Mazzarella – si tratta di passare dall’ecumenismo dei simposi teologici o religiosi al terreno concreto delle tensioni e lacerazioni che attraversano le confessioni e le società nel tempo della guerra mondiale a pezzetti. Questa è la sfida epocale che la chiesa in uscita deve affrontare.

Inevitabile nelle conclusioni il richiamo al Kant del Per la Pace perpetua ed al Croce del ‘perché non possiamo non dirci cristiani’. La valorialità antropologica a base cristiana, sottesa alla nostra civiltà liberal-democratica, può e deve svolgere un ruolo decisivo nello scenario globale contemporaneo. Con essa può svolgerlo l’Unione Europea, se solo si riappropria senza imbarazzi  della sua civiltà cristiana. Lo spazio geo-politico dell’ecumene cristiana deve porsi al servizio dell’ecumene umana. Ed è in grado di farlo.

Il libro di Eugenio Mazzarella ‘EUROPA, CRISTIANESIMO, GEOPOLITICA – Il ruolo  geopolitico dello “spazio” cristiano’ sarà presentato lunedì 29 maggio, alle ore 18:00, presso la Curia diocesana di Cava de’ Tirreni.

Moderati dal dr. Vincenzo Prisco, con l’autore, ne parleranno mons. Orazio Soricelli, Arcivescovo di Amalfi-Cava de’ Tirreni, Armando Lamberti, docente di Diritto costituzionale UNISA, e Pino Acocella, magnifico rettore dell’Università telematica Giustino Fortunato.

L’iniziativa si svolgerà grazie alla collaborazione con l’Associazione Joined Cultures.