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Manutenzione, questa sconosciuta

by Paolo Sorbi
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L’Autore è ingegnere ambientalista

 

Con il DPR n. 207 del 5.10.2010, il Legislatore italiano ha percepito la necessità di iniziare a “parlare” di manutenzione nella progettazione di opere pubbliche. Difatti, l’art. 33, al punto e), prevede che venga redatto, nel Progetto Esecutivo, anche un documento intitolato “Piano di Manutenzione dell’opera e delle sue parti”.

Peccato che, poi, il nostro Legislatore, come spesso accade, non sia andato oltre, prevedendo forme di finanziamento, successive a quelle per la realizzazione dell’opera che, a distanza di anni, consentissero di effettuare i previsti, necessari e indispensabili interventi di manutenzione per scongiurarne il degrado fino alla non più fruibilità dell’opera stessa, con danno per tutti: per l’Ente che aveva investito per realizzarla, per la collettività che non potrà più “goderne” ed usufruirne, per l’ambiente che rimarrà deturpato nel piccolo o nel grande, con scheletri di cemento o acciaio abbandonati e quant’altro.

Pensiamo per un attimo alle “Grandi Opere Pubbliche” di questi ultimi anni, mirabili per concezione e fattura, per esempio, la nuova Stazione Marittima di Salerno dello Studio Zaha Hadid, bellissima ardita e sinuosa costruzione che ricorda un’ostrica proiettata verso il mare, ma quando sarà giunta l’ora per effettuare interventi di manutenzione ordinaria assai costosi – si pensi solo ai ponteggi necessari – con quale denaro si potrà provvedere ai lavori?

Non mi sembra che sia radicato nei bilanci dei vari Enti il Capitolo “Risorse per le Manutenzioni Ordinarie e Straordinarie”.

Nella mia modesta attività di ingegnere libero professionista, ho avuto, per 44 anni, rapporti con Comuni, Province, Regioni e progettato e diretto svariate Opere Pubbliche. Mai, dico mai, ho potuto vedere concretizzarsi, a distanza di anni, interventi per effettuare le manutenzioni e, a volte, anche le semplici riparazioni di parti ammalorate, per proteggere quanto realizzato.

Un esempio pratico vissuto direttamente. La Regione Lazio, con il DOCUM 1997-99, finanzia, per il Comune di Cassino (FR), la realizzazione del “Parco Urbano del fiume Gari”: sentieri attrezzati che si sviluppano per circa 950 metri a partire dalle sorgenti del fiume situate nel laghetto del parco della Villa Comunale della città, fino al ponte della Ferrovia; viali pavimentati in pietra che costeggiano l’alveo, cinque ponticelli ad arco in legno lamellare che lo attraversano, arredi, panchine, staccionate in legno, lampioni, accessi pedonali e ciclabili.

 

 

Dall’anno 2000 il Parco ha costituito, per i cittadini, per gli studenti, per gli anziani, un percorso nel verde di rara bellezza, date le caratteristiche del corso d’acqua che, per sua natura, non presenta variazioni di portate stagionali, quindi un parco fruibile tutto l’anno. Ebbene, come mostrano le immagini a confronto, nell’arco di una decina di anni, per l’incuria e la negligenza di tutti, vi è stato un degrado inesorabile di tutto ciò che era deteriorabile e il Parco è andato miseramente distrutto.

 

 

Di chi la colpa? A chi attribuire le responsabilità? Ce n’è per tutti, a mio avviso.

Iniziamo dai cittadini. Andremo troppo lontano se dico che la mancanza di Educazione Civica è la fonte di tutto? Perché l’insegnamento di tale materia è stato abolito nelle scuole tanti anni fa e solo da poco reintrodotto? Distruggere o rubare staccionate di legno in un parco urbano, rompere le panchine, prendere di mira i lampioni, imbrattare pareti, tutto questo è inciviltà e, purtroppo, spiega anche il resto.

Continuiamo con le Amministrazioni e con chi le rappresenta. Io vado spesso dicendo: “se in un ospedale un reparto funziona ed altri no, ci sarà un perché!” Forse, il merito è del Responsabile del reparto che risulta essere “Competente, Organizzativo, Presente, Concreto e Severo”. Troppo spesso, queste qualità, tutte insieme, non si trovano nei rappresentanti eletti o nominati negli Enti.

Alle difficoltà di reperire i fondi, si devono aggiungere le gelosie, se trattasi di opera eseguita dalla precedente amministrazione; conflitto di interessi, incapacità a gestire le risorse umane, mancanza di amore e rispetto verso la cosa pubblica. Penso che una città, piccola o grande che sia, nella testa del Sindaco e dei suoi Assessori, dovrebbe essere curata – con le debite proporzioni – come la propria casa. Ma ciò comporta un livello di “cultura amministrativa” e non è automatico che chi prende più voti l’abbia con sé, ma si forma con l’esperienza, studiando e approfondendo i problemi in prima persona e/o circondandosi di tecnici preparati che possano indicare percorsi risolutivi, anche e soprattutto guardando ad esempi già collaudati altrove.

Come combattere e ribaltare tale situazione?

E’ da poco iniziato il processo per il crollo del “Ponte Morandi” a Genova. Individuerà le responsabilità dei preposti alla sicurezza e manutenzione dell’opera e servirà da monito per sensibilizzare tutti gli “addetti ai lavori”? Speriamo, ma non è scontato.

Soffermandoci, infine, sulle “piccole” opere pubbliche, quelle degli Enti minori, a mio modesto avviso se non si istituiscono capitoli di bilancio con fondi per le manutenzioni non c’è speranza che quanto edificato si mantenga da solo nel tempo, così come deve essere chiaro che per rallentare il degrado forme e materiali da impiegare debbono garantire durevolezza e semplicità.