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Maturità Bussetti 2019

by Piera De Prosperis
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Il 20 giugno 2019 si svolgerà la seconda prova del nuovo esame di Stato. Quello definito Maturità Bussetti. Perché in questo vortice di cambiamenti, che ormai da anni ha investito la scuola italiana, gli esami prendono il nome del ministro in carica, facendo della loro novità una bandiera del ministero che li ha voluti.

Mi si potrebbe obiettare che anche nel passato abbiamo avuto ad esempio la riforma Gentile, fiore all’occhiello del ventennio fascista, che però coinvolgeva l’intera struttura della scuola italiana. Non è un caso che quella riforma, voluta fortemente da un illustre filosofo crociano, sia durata ben oltre il proprio ideatore ed i suoi puntelli politici. Dietro la riforma Gentile, per quanto discutibile agli occhi della modernità, esisteva un sistema di pensiero ben riconoscibile. “La più fascista” delle riforme, come la definì Mussolini, rimase sostanzialmente in vigore inalterata anche dopo l’avvento della Repubblica, fino a quando il Parlamento italiano abolì nel 1962 la scuola di avviamento professionale creando la scuola media unificata.

Qui ora discutiamo della seconda prova scritta dell’esame di Stato 2019, per distinguerla da tutte le altre riforme degli ultimi tempi e chissà cosa avverrà l’anno prossimo, con il cambio di decennio!

Proviamo innanzitutto a mettere ordine.

Per il Liceo classico la prova sarà articolata in due parti. Ci sarà una versione, di un autore classico da tradurre, corredata da informazioni sintetiche sull’opera, preceduta e seguita da parti tradotte di un altro autore classico, per consentire la contestualizzazione della parte estrapolata ed il confronto tra i due. Quindi, o versione di latino e confronto con un testo greco già tradotto oppure al contrario testo greco da confrontare con testo latino. Seguiranno tre quesiti relativi alla comprensione, analisi e interpretazione del brano, collocazione storico-culturale, con riflessione sui testi (ad esempio, Seneca da tradurre e Plutarco in traduzione con riflessioni sull’arte del vivere nell’antichità).

Per lo Scientifico la struttura della prova prevede la soluzione di un problema a scelta del candidato tra due proposte e la risposta a quattro quesiti tra otto proposte. La novità è nel collegamento interdisciplinare tra matematica e fisica, come punto di arrivo della tendenza già in atto nella scuola di somministrare compiti di realtà (per intenderci, ti sei mai chiesto il funzionamento del trenino elettrico ricevuto in dono dal tuo fratellino?).

Per i licei di Scienze Umane testi pluridisciplinari di Scienze Umane, Economia politica e diritto.

Per i Tecnici la struttura della prova prevede una prima parte, che tutti i candidati sono tenuti a svolgere, seguita da una seconda parte, con una serie di quesiti tra i quali il candidato sceglierà secondo il proprio indirizzo, sulla base del numero indicato in calce al testo.

Per i Professionali la seconda prova si comporrà di una parte definita a livello nazionale e di una seconda parte pratica predisposta dalla Commissione, per tenere conto della specificità dell’offerta formativa dell’Istituzione scolastica (il candidato proponga un menù di tre portate idoneo alla prevenzione delle patologie tumorali del cancro al colon, dopo aver discusso dell’incidenza delle abitudini alimentari sul rischio di sviluppare un tumore).

Il 18 gennaio in diretta social, come è ormai consuetudine, il ministro Bussetti ha dato l’annuncio delle novità. Cercando di placare le inevitabili proteste con la promessa di simulazioni nazionali: la prima prova scritta il 19 febbraio e il 26 marzo, la seconda il 28 febbraio e il 2 aprile. E così il Ministro si è lavato la coscienza!

Mancano circa cinque mesi all’inizio della Maturità, come si fa in così poco tempo, con scrutini quadrimestrali da concludere, recuperi e quant’altro, avviare una seria riflessione in classe su come affrontare la novità, abituando ed esercitando i ragazzi?

Si potrebbe obiettare che il discorso della multidisciplinarità e della pluridisciplinarità non è una novità. Che l’invito della legislazione scolastica nei curricula è sempre stato quello di avviare i ragazzi a sviluppare la capacità di creare connessioni, di appropriarsi dei nodi concettuali delle discipline perché essi possano poi essere relazionati ed intersecati tra loro.

Ma purtroppo tra la progettazione e la realizzazione corre uno spazio galattico. I tempi della scuola sono divorati da frenetici impegni organizzativi e progettuali, senza contare la disparità di ore assegnate alle discipline che ora si vogliono abbinare e, non ultimo problema, la diversità dei professori che quasi mai insegnano le due discipline insieme in una stessa classe. E non è cosa da sottovalutare, perché nel corpo docente e tra i docenti dello stesso consiglio di classe la comunicazione non è facile, anzi a volte è impossibile, per la riduzione dei tempi di programmazione didattica, divorati da tante altre necessità.

In uno stato ideale certamente la riforma Bussetti sarebbe applaudita e pienamente condivisa perché gli accostamenti culturali o la sintesi tra teoria e pratica devono esserci e sono anzi alla base della corretta e proficua formazione ma, come al solito, tutto questo è calato in una realtà difficile e disomogenea in cui manca proprio la chiarezza di intenti e la massima condivisione tra gli operatori del settore scuola.

Si cala dall’alto, promettendo poi una prova facile. Ho chiesto ai tecnici di preparare prove non di livello universitario, come è accaduto in passato ha garantito il Ministro. Della serie: non vi preoccupate, vi aiutiamo. Immagino che tutto questo ricada sulle spalle dei commissari d’esame che prima ancora degli alunni sentiranno il peso di una prova in cui dovranno aiutare, fare il compito, farlo circolare, come è ormai nella più bieca prassi scolastica, incoraggiata proprio dal Ministro che, invece di dare il tempo necessario, tranquillizza sulla facilità e sulla clemenza dei giudici.

Anche questa riforma non durerà nella maniera in cui è stata proposta. Ci saranno cambiamenti, rettifiche, e ancora polemiche, ancora proteste, non ultime quelle minacciate dai ragazzi che vogliono al più presto manifestare il loro disappunto e la loro preoccupazione.

Quello che noi adulti, genitori e docenti, vogliamo dai nostri ragazzi è che siano aperti al mondo, curiosi, capaci di trovare le  liaisons dangereuses tra i concetti, ma dobbiamo dare loro tempo per capire ciò che stanno facendo e ai docenti tempo per insegnare.

La formazione non può essere una rincorsa alle novità, né la scuola il luogo delle sperimentazioni a fini propagandistici, ci vuole chiarezza di intenti e lungimiranza culturale nonché politica.