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Napoli terzo mondo affascina i francesi

by Piera De Prosperis
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Perché, fra le tante città chiamate al rinnovo del sindaco, Le Figaro ha parlato proprio di Napoli? Eppure al voto c’erano Roma, Torino, Bologna per citarne alcune. Forse perché parlare di Napoli in Francia suscita più curiosità, solletica più lettori, tenendo conto del gran flusso di turisti francesi che visitano la nostra città? E perché la definisce addirittura appartenente al terzo mondo? L’articolo viene pubblicato a ridosso delle votazioni e si apre con un riferimento al candidato della sinistra, Gaetano Manfredi. La giornalista Valerie Segond dice:

Gaetano Manfredi, atteso come Messia dalle élite napoletane, si presenta in una città dove i servizi comunali sono molto deteriorati… Se non fosse tifoso dichiarato della Juventus, Gaetano Manfredi, 57 anni, avrebbe buone possibilità di essere eletto al primo turno sindaco di Napoli sostenuto da tutta la sinistra compreso il Movimento 5 Stelle. È l’opposto del sindaco uscente, Luigi De Magistris, tribuno di sinistra eletto nel 2016 con il 67% dei voti. Ex rettore dell’Università Federico II, ministro dell’Università nel 2020, questo ingegnere di formazione non è inserito da nessuna parte, e non ha esperienza politica locale.

In questo incipit c’è un po’ tutto quello che caratterizzerà l’intero articolo. Qualche banalità, qualche ignoranza, qualche strizzatina d’occhio al pubblico francese. Nessun elettore napoletano di buon senso ha mai pensato di caricare Manfredi di questa missione: fare il sindaco di Napoli non significa avere la bacchetta magica. I problemi sono molti e di fatto legati ad un bilancio con debito stratosferico. Neanche un Messia potrebbe risolvere le difficoltà se lo Stato, con cui la città ha i maggiori debiti, non le viene incontro.

Il riferimento al topos della città tifosa che ha perplessità calcistiche sul candidato, juventino, è un riferimento smaccato alla oleografia del napoletano che ha una sola cosa nel cuore. Se questo è stato forse vero, lo è stato soprattutto all’epoca di Maradona e di quel Napoli formidabile che sembrava realizzare il riscatto della città intera. Impietoso e non corretto il riferimento a De Magistris, per altro magistrato, che ha affrontato grandi battaglie, alcune vinte. O vogliamo fare una graduatoria? E’ meglio essere laureati in ingegneria o in giurisprudenza?

L’articolo, in sintesi, dice: Napoli non crolla più sotto la spazzatura come nel 2008 ma ha trasporti pubblici in affanno, la vita quotidiana difficile, la disoccupazione esplosiva nelle periferie e la povertà, con oltre 180mila famiglie che percepiscono il reddito di cittadinanza nella sola provincia di Napoli, più di quelle di Lombardia e Veneto messe insieme, e ovviamente la camorra e la piccola delinquenza che dominano letteralmente alcuni territori cittadini. Mentre tutte le città d’Europa si trasformano, Napoli resta arroccata ai suoi cliché, che sono anche il suo fascino… É una vera città del Sud, ricca di problemi, di contraddizioni, affogata dai debiti e dal problema della Camorra e più suscettibile ad eventuali cambiamenti.

Lati positivi? La crescita del turismo – nell’ultimo anno pre Covid, il 2019, si sono registrati 6 milioni di turisti –, la rigenerazione di Scampia (inevitabilmente descritto come il quartiere di Gomorra), l’arrivo della società Tecno che monitora l’impatto ambientale dei grandi siti e soprattutto la nascita di un polo di eccellenza come la Apple Academy a San Giovanni a Teduccio.

Che dire? C’è molta verità nell’articolo. I cittadini sanno bene quanto sia difficile vivere a Napoli non da turista. La quotidianità è faticosa. L’essere arroccata sui cliché è forse l’unico modo per esportare all’estero un prodotto che attira milioni di stranieri proprio sull’onda di mare, sole e sfogliatelle. E’ il marketing che premia e che sfonda anche in Francia. Se il mondo vuole Napoli così, noi gliela diamo

Il vero problema, quello che la giornalista non dice e che tutti le voci che hanno levato gli scudi a difesa della nostra città madre non evidenziano, è che Napoli non ha forze produttive, la famosa struttura di marxiana memoria che manca a noi come ad altre zone del terzo mondo.

Tale espressione è rimasta nell’uso per designare i paesi caratterizzati da un basso prodotto interno lordo pro capite, da una elevata crescita demografica e da una struttura produttiva fortemente dipendente dall’importazione di capitali e tecnologie dai paesi industrializzati; sono preferibilmente detti paesi in via di sviluppo. (Enciclopedia Treccani).

Non è del tutto inappropriata per noi questa definizione. Napoli è una città in cui il solo turismo non può risolvere l’atavica fame di lavoro, in cui la camorra rappresenta ancora oggi l’unico efficiente ufficio di collocamento. Oltre le polemiche campanilistiche dell’intellighenzia partenopea, direi che, scevro da ovvietà, l’articolo ci pone davanti ai nostri problemi, ce li ripropone e ci spinge ad una riflessione.