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Presidenzialismo: si o no?

by Flavio Cioffi
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In Europa una repubblica presidenziale vera e propria, nella quale il Presidente eletto dal popolo è sia capo dello stato che capo del governo, all’americana per intenderci, non c’è (a meno della Bielorussia che però è di fatto un’autocrazia). Ci sono svariate repubbliche parlamentari, come la nostra o quella tedesca, nelle quali i deputati eletti dai cittadini eleggono a loro volta il capo dello stato e danno la fiducia al governo. Ci sono svariate monarchie parlamentari, Regno Unito per tutte, nelle quali il Re è capo dello stato – e il suo titolo è ereditario – e il Parlamento vota il governo. Poi ci sono alcune repubbliche semipresidenziali, Francia in primis, nelle quali il presidente viene si eletto direttamente dal popolo e nella sostanza comanda lui, ma non è capo del governo. Lo sceglie, lo nomina ma poi è il Parlamento a dargli la fiducia. Un quadro articolato, complesso, pieno di varianti all’interno di sistemi pur analoghi. E’ il quadro emerso dopo la Seconda guerra mondiale (prima) e dopo la caduta dell’Urss (poi).

In Italia, appena uscita da una dittatura, al centro fu messo il Parlamento con un bicameralismo cosiddetto “perfetto”. Quindi, di fatto, i partiti. Poi, con la scomparsa del pericolo sovietico, gli equilibri sono cambiati e si è iniziato a parlare di presidenzialismo. Basta con i governi che durano in media poco più di un anno. Basta con le correnti e le sottocorrenti partitiche. Il popolo deve essere realmente sovrano e votare direttamente il potere esecutivo.

I partiti tipo Dc e Pci effettivamente non ci sono più (o quasi), ma al presidenzialismo non si è arrivati. Anzi, nell’ultima legislatura abbiamo avuto tre governi: uno di centrodestra, uno di centrosinistra e uno di unità nazionale (alias, tutti dentro). Agli italiani non deve essere piaciuto molto se oggi i sondaggi danno primo partito Fratelli d’Italia, l’unico rimasto sempre all’opposizione. E si torna a parlare di presidenzialismo.

Nell’accordo quadro di programma “Per l’Italia”, per un governo di centrodestra, uno dei punti è la “elezione diretta del Presidente della Repubblica”. Apriti cielo. E’ l’idea che il potere per essere democratico debba essere necessariamente diretta espressione della volontà popolare. Si insegue una democrazia plebiscitaria. Si rinuncia alla democrazia della mediazione per un presidenzialismo populista.

Ma è davvero così? Certo, pensare ad un sistema presidenzialista, soprattutto se a proporlo è una forza politica di destra culturalmente non ancora del tutto svincolata da suggestioni del passato, può fare inarcare il sopracciglio. Però è anche vero che l’attuale sistema mostra la corda da ormai molti anni. Non è solo un problema di inefficienza, che pure clamorosamente esiste, e di assai aleatoria rappresentatività. C’è anche una questione di attuale ambiguità sui poteri effettivi dei vari organi dello Stato.

Non è detto che l’elezione diretta del Presidente della Repubblica, che bisogna poi vedere cosa concretamente significhi, sia la risposta giusta. Non è neanche sicuro che sia una priorità per il nostro Paese in questo momento e certamente suona un po’ come il Ponte sullo Stretto. Però aprire un discorso, confrontarsi sul tema, chiedere agli elettori cosa ne pensano non sembra né folle né antidemocratico. Le cose cambiano. O almeno ci provano.