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Qualità della vita in Italia, la vera differenza la fa il lavoro

by Piera De Prosperis
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Come ogni anno il Sole 24 ore pubblica l’indagine sulla qualità della vita per il 2022. Nel leggere la classifica ognuno di noi è portato a minimizzare i criteri di valutazione, operiamo come al solito una sorta di diminutio della validità delle posizioni, perché magari riteniamo i parametri poco credibili o antiquati. In realtà se si sfoglia la pagina web del giornale si possono ritrovare con precisione statistica tutti i criteri, peraltro aggiornati all’anno in corso. Ve ne fornisco una sintesi. Accanto ai 90 indicatori, suddivisi nelle tradizionali sei macroaree tematiche (ciascuna composta da 15 indicatori) che accompagnano l’indagine dal 1990 – e cioè: ricchezza e consumi; affari e lavoro; ambiente e servizi; demografia, società e salute; giustizia e sicurezza; cultura e tempo libero; – alcuni parametri sono aggiornati al 2022 (a metà anno, se non addirittura a novembre). L’obiettivo è quello di tenere conto degli effetti dei grandi eventi che hanno scandito l’anno in corso. In alcuni ambiti, infatti, le performance dell’anno scorso sarebbero risultate superate dai fatti e avrebbero restituito una fotografia ormai invecchiata rispetto all’attualità. Negli ultimi mesi tre grandi shock hanno colpito la popolazione: l’inflazione, il caro energia e la guerra in Ucraina. Così, nell’indagine di quest’anno si contano ben 34 indicatori su 90 riferiti al 2022.

Una fotografia delle città italiane, dunque, estremamente precisa perché dettagliata ed aggiornata. Non c’è quindi speranza di pressappochismo per noi del Sud che ci troviamo a fondo classifica in qualunque graduatoria presa in esame.

Primo posto Bologna a seguire Bolzano e Firenze. Il capoluogo emiliano era già stato in vetta nel 2000, 2004, 2011 e 2020. Bolzano non è nuova ai primi posti ma la novità è Firenze, terza dopo una scalata di otto posizioni rispetto al 2021, che diventano 24 se si fa un salto indietro al 2020. Quello di Firenze è un grande ritorno: per ritrovarla in testa bisogna risalire al 2003, quando vinse la 14ª edizione, nell’anno in cui dilagava la psicosi della Sars e iniziava la guerra in Iraq, oppure al 2015 quando sfiorò il podio, piazzandosi al quarto posto.

Tuttavia sono in generale le due regioni, Emilia e Toscana, che collocano numerose loro città in ottime posizioni, grazie soprattutto alle categorie «Cultura e tempo libero», dove vince Firenze e Siena è quarta, e «Ambiente e servizi», dove vince Pisa e Firenze è sesta. Napoli è al 98° in discesa di otto posizioni, penalizzata dalla più elevata densità abitativa e dal record negativo di rapine su strada. In generale le posizioni dall’81ª alla 107ª sono tutte occupate da province del Sud, in particolare dalle città della Calabria.

Sono andata a vedere per qualità della vita degli anziani la posizione della nostra provincia. Siamo al 50° posto, mezza classifica, ma scivoliamo al 63° per assistenza domiciliare. Insomma da qualunque prospettiva si guardi perdiamo pezzi. Due Italie a due velocità è una banalità lo sappiamo tutti: la questione meridionale non si è mai risolta, anzi, con il passare del tempo il divario si è allargato. Quello che fa la differenza è il lavoro, la mancanza di soluzioni lavorative che penalizza il Mezzogiorno. Conosco bene Firenze: il tenore di vita è molto alto, i prezzi sono tutti più elevati che da noi, non parliamo degli affitti. Ma tutti lavorano, non è necessario continuare la scuola una volta compiuto l’obbligo, perché il settore dei servizi oltre che quello del turismo è in piena efficienza. La tranvia svolge il ruolo della metro e la città è ben servita. Molti fiorentini hanno però lasciato il centro, ormai aggredito dal turismo di massa, per trasferirsi nel circondario, per esempio a Fiesole.

Tuttavia con tutti i limiti della nostra città e ben sapendo quali sono i rischi che si incontrano a viverci, non andrei a vivere altrove. Vuoi per l’età, vuoi per una connaturata pigrizia, vuoi per l’idea che l’inserimento in un contesto urbano diverso, meno disponibile, mi creerebbe difficoltà di adattamento, vuoi per il legame affettivo che ho con la città. Vorrei che questo sentimento di appartenenza storico-culturale fosse di tutti, dalle istituzioni in poi. Invece è proprio il senso di disfattismo, il cupio dissolvi che non ci aiuta. Risalire la classifica richiede l’impegno di tutti, la volontà di fare, il superamento del vivere con il piccolo stratagemma o il piccolo imbroglio, la cura per quello che si ha, che è tanto. Basterebbe uno scatto di orgoglio ma mi rendo conto che la fatica della quotidianità è tanta. Lottare contro amministratori non all’altezza, con la maleducazione delle persone, con una burocrazia impietosa ci stanca e ci affligge e precipitiamo sempre più giù, senza salvezza e senza uno Stato che ci venga in soccorso in maniera concreta e non solo assistenziale.