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Salvatore Pace si candida. Intervista a un “terrestre”

by Redazione
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Salvatore Pace, preside del liceo classico “Pansini”, è stato vicesindaco della Città Metropolitana di Napoli e da anni ne è Consigliere Comunale e Metropolitano per il gruppo demA. Da sempre ambientalista convinto, annovera nel suo curriculum il brevetto ISPRA per il censimento dell’avifauna, oltre 200 fotografie su libri e riviste scientifiche di ornitologia, è delegato CM di Napoli per la tutela della biodiversità, della fauna selvatica e delle aree protette. Oggi si candida in consiglio regionale con la lista “TERRA”, nata da un’ampia alleanza di sinistra.

 

Preside, questa candidatura alle regionali con la lista “TERRA” ha colto un po’ tutti di sorpresa.

Sì, è vero: alle prossime elezioni regionali della Campania cercherò di proporre la mia esperienza presentandomi nella lista civica “TERRA”. In breve, propongo agli elettori di giudicare il mio lavoro di preside di scuola e di consigliere comunale e metropolitano di Napoli. Non ho promesse mirabolanti da fare.

Ma una candidatura si basa sulle promesse. Perché gli elettori dovrebbero sceglierla?

Scusandomi per il gioco di parole, credo che le “promesse” siano nella “premessa”. Cerco aria pulita e coscienza retta, fuori dall’area dei due raggruppamenti di centrodestra e di centrosinistra dove, invece che programmi efficaci, ritrovo nomi assolutamente imbarazzanti che richiamano palesi “trattative” con aree grigie (se non nere) della nostra società civile e della politica regionale. Inoltre, tanto Caldoro quanto De Luca, hanno dimostrato nei fatti di attuare politiche assolutamente inaccettabili riguardo all’ambiente, allo sviluppo sostenibile, alla tutela della salute e dei più deboli.

Da parte mia c’è l’impegno concreto ad andare avanti su quanto costruito in Città Metropolitana e al Comune di Napoli in questi dieci anni. Sarà importante mantenere viva la rete virtuosa tra il “fare politico” e i “saperi” della Scienza e della Cultura, rete che rimane l’unica strada ragionevolmente percorribile per il bene dei Cittadini. La sola condizione per una speranza reale è che amministratori e decisori politici si tengano lontano da contaminazioni e vicinanze a interessi particolaristi o direttamente collegati a mafie e corruzione e che affrontino i problemi sulla base di conoscenze ed analisi certe dei problemi da affrontare.

E, sulla base del suo lavoro, quali sono le piste politiche da riproporre alla Regione?

Come Consigliere della Città Metropolitana di Napoli, da anni affronto i temi che mi sono più cari: tutela della biodiversità e sviluppo economico sostenibile. Penso soprattutto a OBC, Ossigeno Bene Comune, la strategia portante del Piano Strategico Metropolitano per la quale abbiamo sinora investito somme considerevoli: una visione complessiva che si è fatta ambientalismo militante applicato. Il contrasto ai cambiamenti climatici e la costruzione di progetti territoriali per la resilienza costituiscono un tema che sarà, e che già è, nodale nella nostra vita quotidiana, perché è centrale rispetto a più temi, dall’occupazione alla salute, dalla giustizia climatica all’etica ecologica.

Sembra di capire che il termine “ambientalismo” le vada stretto.

E’ troppo abusato. Molti lo indossano come una patacca, come una scritta su una maglietta perché ora è un tema che “acchiappa”. Ma il discorso è diverso. Ormai quello del cambiamento climatico non è più “un problema” o un tema solo “ambientale”, la natura, gli animali… Al contrario: lavoro, giustizia, flussi migratori, diritti civili e sociali, tutto precipita in una visione unitaria senza la quale non è possibile venire a capo di nulla.

Il mio lavoro trentennale di preside nella scuola e quello precedente di professore, mi ha poi permesso di sviluppare sui problemi delle giovani generazioni uno sguardo “dall’interno” e molto poco convenzionale. Si parla troppo di istruzione, innovazione, scuola, senza cogliere i nodi cruciali che si legano nella questione giovanile: lavoro, prospettiva della realizzazione del sé, acquisizione di competenze non solo operative ma di comprensione del reale. E la Regione, in questo senso, può fare molto.

Scienza e cultura applicate alla politica. Sta dicendo che il populismo, quello dell’ “uno vale uno”, quello del rapporto diretto tra il leader e gli elettori non funziona?

Questo è il vero grande problema della nostra Democrazia. Ne parlava già Polibio (II sec. a.C.), in un frammento del suo Libro IV, sviluppando alcuni concetti di Aristotele. Lui la chiamava “oclocrazia” (governo delle masse), noi oggi la chiamiamo populismo: “Finché al governo ci sono cittadini che hanno sperimentato la tracotanza e la violenza […], essi stimano più di ogni altra cosa l’uguaglianza di diritti e la libertà di parola; ma quando la democrazia viene trasmessa ai figli dei figli di questi (e, guarda caso, anche noi siamo ai figli dei figli di chi ha vissuto il fascismo) abituati all’uguaglianza e alla libertà di parola, non potendo ottenere il governo con i propri meriti e le proprie virtù, si accattivano la moltitudine, allettandola in tutti i modi. Quando sono riusciti, con la loro stolta avidità di potere, a rendere il popolo corrotto e avido di doni, la democrazia viene abolita e si trasforma in violenta demagogia”.

E’ quello che è accaduto fin dall’inizio della cosiddetta “Seconda Repubblica”. Scomparsi i partiti di massa che – nel bene e nel male – cercavano di interpretare i bisogni della gente e, sulla base di un quadro complessivo di orientamento (ideologia), offrivano risposte coerenti e fondate. Ora, e certamente non solo in Italia, si governa non perseguendo dei fini ma lucrando per sé un potere fine a se stesso.

Spiega così la convergenza su De Luca di tante liste e tanti mondi in teoria contrapposti?

Anche De Luca insegue la pancia della gente, l’ “uno vale la qualunque”. Per me invece i voti non si contano soltanto ma “si pesano” anche. E quelli della camorra sono pesanti. Vi è poi il concorso massiccio delle “cavallette”: sciami di politicanti che da, destra e da sinistra, si spostano di volta in volta dove c’è da mangiare. Questo inquina anche la proposta di chi, anche in quello schieramento, ha sicuramente qualcosa di pulito da dire, ma l’essenziale che emerge è altro.

Veniamo alla lista in cui si presenta e che è del tutto sconosciuta agli elettori.

“Terra” nasce come proposta dal basso da parte di movimenti che, tra fuochi tossici ed ecoballe, hanno combattuto da soli una battaglia ultradecennale per la tutela della salute e la bonifica dei territori. L’idea iniziale è stata accolta da quella parte di società che – laicamente e senza bandiere di partito – sente il bisogno di essere presente nelle istituzioni e da pezzi di una sinistra che – non solo in Campania – ha bisogno di ritrovare un’anima e di adeguare la sua missione storica, che resta invariata nei valori, ai tempi attuali.

Non si spiega, a questo punto, il riemergere del vecchio male della sinistra italiana: la frammentazione e la vocazione “gruppettara”. Perché non siete insieme a Potere al Popolo?

PaP ha intrapreso da tempo un discorso individuale, in cui prevale una forte identità ideologica e di appartenenza ad un percorso che nasce in una ben precisa esperienza sociale. Diciamo che, pur rispettandone le scelte, non capisco perché si sia chiuso ad un necessario confronto con altre esperienze, ad esempio demA che pure in questi ultimi dieci anni ha rappresentato e praticato un modello fortemente innovativo e chiaramente schierato contro il sistema, sia politico che camorristico.

Quella di “Terra” è, a mio avviso, una proposta più aperta, laica ed inclusiva e che in questo momento elettorale può costituire un importante centro di riflessione ed una proposta praticabile per molti elettori che magari, vista la qualità politica e la consistenza morale delle proposte in campo, altrimenti si asterrebbero.

Ultima domanda. Lei è un demagistriano della primissima ora. Due consiliature al Comune e due alla Città Metropolitana di Napoli. Qual è la posizione del Sindaco e, più in generale, quella di demA su queste elezioni e sulla sua candidatura in TERRA?

Il Sindaco ha chiarito che non interverrà in questa campagna elettorale perché bisogna chiudere il mandato e, fino a giugno 2021, la priorità resta quella di mandare a buon fine tutti i progetti e le azioni necessarie a che la città esca il più forte possibile da questa incredibile “tempesta perfetta”. Il Covid si è, infatti, innestato in una situazione non facile sul piano finanziario per tutti gli Enti locali, soprattutto nel Mezzogiorno. Abbandonare la presa in questo momento sarebbe un tradimento alla città e questo non lo meritano né i cittadini né chi, come noi, si è sacrificato in questi dieci anni per un progetto amministrativo che ha dato i suoi frutti. Il Covid ha interrotto un’azione emancipatoria che aveva riscattato Napoli e l’aveva portata dai “tour della munnezza” ad essere la città d’arte più gettonata in Italia. Abbiamo tutelato – unici in Italia – l’acqua pubblica, mantenuto pubbliche le società partecipate senza operare alcun licenziamento, salvato l’ANM nonostante il disimpegno della Regione (cui spetterebbe l’erogazione del servizio di trasporto urbano) e, con mille sacrifici, abbiamo moltiplicato gli asili e conservato agevolazioni ed esenzioni fiscali per le fasce deboli. Il tutto a fronte di tagli di oltre un miliardo nei trasferimenti dallo Stato ed assorbendo il cambio delle norme contabili che, tra il 2013 e il 2016, hanno ulteriormente messo in difficoltà i Comuni.

Dal suo canto, il movimento demA, in due assemblee tenutesi nel mese di luglio, ha confermato la linea dell’impegno a sostegno del contrasto ai blocchi Caldoro/De Luca (tra i quali, al netto delle aree di clientela, è difficile scorgere differenze) e all’inconsistenza che i 5Stelle campani hanno dimostrato in questa legislatura regionale che si chiude.

Il movimento sarà attivamente vicino sia a me che a Paola Pastorino, consigliera municipale di demA ed attivista della prima ora del movimento, che abbiamo deciso di trasferire la nostra esperienza e – usando un’espressione per me semanticamente orribile ma che va per la maggiore – di metterci la faccia.