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Ucraina, la risposta dell’Occidente

by Pietro Spirito
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Nella partita a scacchi della crisi ucraina Vladimir Putin ha fatto la mossa dell’arrocco. Si è insediato militarmente nelle Repubbliche del Donbass, ed ora attende la risposta dell’Occidente.

Di fronte alla comunità internazionale si aprono diversi scenari. La risposta più probabile, già preannunziata, consiste in severe sanzioni di carattere economico, che però sono un’arma a doppio taglio. Colpiscono gli interessi russi ma danneggiano anche i Paesi più fragili dal punto di vista della tenuta energetica, la Germania e l’Italia in primo luogo. Si tratterà di comprendere quale sarà il pacchetto delle sanzioni che saranno concordate dalla coalizione occidentale, e quanto sarà la durata della loro tenuta nel tempo per effetto delle debolezze derivanti dalla transizione energetica. Il nostro Paese dipende ancora per il 40% dal gas russo.

Putin si riserva di scatenare una offensiva militare di più larga scala: lo ha fatto capire nel suo discorso di ieri, quando ha affermato che l’Ucraina è parte integrante della storia e dell’animo russo. Non possiamo escludere che l’arrocco effettuato sia solo la prima mossa di un disegno più complessivo, tendente a ripristinare i confini sovietici, pur avendo duramente criticato il leninismo delle origini che a suo dire aveva generato il nazionalismo del socialismo in un solo Paese.

Dentro questa trappola abilmente predisposta da Putin, si manifestano tutte le debolezze europee. Questa crisi è stata gestita alla spicciolata dai leader dell’Unione, che si sono presentati in ordine sparso al lungo tavolo bianco in casa dell’orso russo. La mancanza di una politica estera comune e di una forza militare coordinata sottolineano la fragilità politica del disegno comunitario. Per decenni si è trascinata stancamente la litania di ambizioni che non si sono mai realizzate, sin dal fallimento della Comunità Europea di Difesa, boicottata da Charles De Gaulle alla fine degli anni Cinquanta del secolo passato.

Neanche gli Stati Uniti sono pronti a gestire il nuovo scenario che si è aperto. Nel corso degli ultimi decenni l’intelligence americana ha costruito gli algoritmi della sua politica estera per fronteggiare l’emergente pericolo cinese. La catastrofe del ritiro precipitoso dall’Afghanistan ha messo in evidenza le debolezze strategiche della nuova amministrazione. Ora, di fronte alla offensiva russa, le parole di Joe Biden sono state molto dure. Però le parole non bastano e probabilmente non saranno sufficienti neanche le sanzioni. L’Ucraina rappresenta la cartina di tornasole che metterà in evidenza se gli USA persisteranno nel loro isolazionismo internazionale oppure se vorranno invece giocare ancora il ruolo di potenza globale.

A sua volta, l’Ucraina si trova di fronte alla sua prova più difficile. Per lunghi decenni si sono confrontati cambi di maggioranza che hanno alternato leadership inclini ad una alleanza con la Russia rispetto ad altre che hanno guardato verso Occidente. Nel 2019 è stato eletto a sorpresa, con il 73% dei voti, Presidente della Repubblica Volodymyr Zelensky, un attore comico che aveva interpretato il ruolo di protagonista in uno sceneggiato che stigmatizzava la corruzione della classe dirigente. Le sue prime parole sono state molto dure ed hanno sottolineato la volontà di difendere tutti i territori della Nazione, pur nella consapevolezza che non verranno aiuti sul campo da parte della comunità internazionale.

Come spesso accade nella storia, i conflitti non sono decisi a tavolino: si sviluppano per eventi successivi che ad un certo punto diventano incontrollabili, al di là della volontà delle parti in causa. Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha dichiarato, nella sua riunione di stanotte, che la guerra non è mai stata così vicina. Purtroppo, potrebbe non aver torto.