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Un appartamento a Parigi

by Piera De Prosperis
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Mi piacciono i gialli e spesso me li regalano. Per farmi uscire dal provincialismo di cui, come lettrice, sono affetta, mi hanno proposto un libro di un autore italo-francese Guillame Musso: non l’ultimo romanzo (La ragazza e la notte) ma il penultimo.

Dimenticate Montalbano. Dimenticate i caldi e assolati panorami di Vigata e Montelusa. Nel giallo Un appartamento a Parigi non ci sono ispettori o commissari ma due sbandati, dalla vita infelice, segnata da tristi vicende personali che, casualmente, per errore dell’agenzia immobiliare (o per volontà del destino) fittano, per le vacanze di Natale, un appartamento di proprietà di un famoso pittore americano, Sean Lorenz, morto di infarto dopo aver perso in circostanze misteriose il figlioletto Julian. Di lui non si trovano gli ultimi quadri, alla cui ricerca, e non solo, i due protagonisti si dedicheranno. L’ambientazione è ovviamente Parigi, città fredda, nel senso meteorologico e sentimentale, battuta da venti violenti e impietosi. Ad essa si affiancano altre capitali, altrettanto ostili: Londra e Madrid. L’unica città, paradossalmente più accogliente risulterà New York, città d’elezione dell’autore, dove l’azione si scioglierà. Ovviamente lo spazio riflette lo stato d’animo dei personaggi, seguiamo Madeline e Gaspard nel pieno dell’inverno parigino: il loro è un cuore raggelato dalle circostanze, lei per una crisi sentimentale, lui per una profonda difficoltà a rapportarsi al mondo esterno che lo spinge a cedere all’alcool. Anche il tempo ha una simbologia ben precisa. La vicenda si scioglierà nella notte di Natale, quando le loro esistenze, quali novelli Maria e Giuseppe troveranno una nuova vita.

La peculiarità del thriller sta, però, nella struttura narrativa. Ognuno dei personaggi segue un percorso investigativo personale, impedito e a volte aiutato dai propri demoni, a tratti si ritrovano per fare il punto della situazione e ricostruire il puzzle intricatissimo della vita e dell’opera di Lorenz, per poi ripartire alla ricerca di nuove tessere. La storia è raccontata, quindi, attraverso i due personaggi separatamente: hanno, del resto, carattere e psicologia profondamente diversi ma complementari. Alle loro voci si aggiungono quelle di figure secondarie che ci forniscono dettagli che i nostri personaggi, da soli, non avrebbero mai potuto conoscere.

Seguiamo quindi l’indagine, a volte impossibile, a volte sorprendente di due detective sui generis che, però, non suscitano simpatia. Troppo diversi dalla nostra normalità, troppo esagerati nelle loro manifestazioni, niente a che vedere con la condivisione che suscitano i segugi nostrani.

La storia tuttavia affascina, sicuramente gli ultimi due capitoli si leggono di un fiato, ma, non so, è come se, in tutto il testo, si sentisse la volontà dell’autore di fare bella figura con il lettore. Specialmente quando descrive quadri e tecniche pittoriche: sembra di leggere il manuale del piccolo pittore (se esiste).

Del resto il primo romanzo di Musso, del 2001 Skidamarink è un thriller in forma di caccia al tesoro che parte col furto della Gioconda nel museo del Louvre. L’importanza della pittura nei suoi testi ricorda il Dan Brown del Codice Da Vinci, anche per certe concessioni al paranormale, che, in qualche modo, serpeggia nel nostro thriller.

I libri di Musso hanno avuto uno strepitoso successo, sono tradotti in 26 lingue e le vendite totali dei suoi romanzi hanno superato i tre milioni di copie. Anche l’ultimo si avvia verso lo stesso iter.

In Italia l’editore di Musso è La nave di Teseo, casa editrice attenta alle nuove voci di narrativa, poesia e saggistica italiane e straniere.

Un consiglio? Leggetelo per il ritmo incalzante, la particolarità dei personaggi, non certo per la coerenza della trama. A me date un Montalbano, lo preferisco. Il caldo sole della Sicilia e le trame politiche italiane in controluce, esposte nel colorito vigatese, lingua universale, sono insuperabili.

di Piera De Prosperis