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106mila firme per la legge di iniziativa popolare sull’autonomia differenziata, l’analisi

by Pietro Spirito
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L’obiettivo delle firme necessarie per la presentazione al parlamento della proposta di legge di iniziativa popolare sulla autonomia differenziata è stato largamente raggiunto, con un risultato pari a quasi 106mila sottoscrizioni, più del doppio rispetto a quelle necessarie.

Il testo proposto dal Coordinamento per la democrazia costituzionale, sostenuto in questa battaglia dai sindacati, dall’Anpi, dall’Arci e da molte altre associazioni non intende eliminare dalla Costituzione il regionalismo differenziato, ma, ricercando possibili mediazioni, si propone di modificare l’articolo 116, riducendo il numero di materie che possono essere richieste dalle Regioni, introducendo una clausola di supremazia statale e prevedendo la possibilità di referendum approvativo e abrogativo per la legge di recepimento dell’intesa con lo Stato.

L’autonomia regionale differenziata proposta invece con il disegno di legge Calderoli permette alle Regioni a statuto ordinario di ottenere la potestà legislativa fino a 20 materie di legislazione concorrente tra Stato e Regioni e fino a 3 materie di competenza esclusiva dello Stato, con il connesso e irreversibile trasferimento delle risorse finanziarie, del personale e delle strutture.

Oltretutto, la radicalità del passaggio di poteri alle regioni, secondo la formula prevista da Calderoli, rende del tutto oziosa la discussione, che pure è stata avviata dal governo, sulla riforma istituzionale in senso presidenzialista, o con un maggior potere assegnato al premier.

Con la forma di autonomia differenziata che è stata adottata dal testo ora in discussione al Senato, si svuota completamente il serbatoio della discussione politica, perché ancora prima che si entri nel merito i poteri sostanziali sono stati già attribuiti alle regioni che ne faranno richiesta. Si parlerà al più delle materie residualmente rimaste a disposizione del governo centrale, con una operazione di svuotamento degna del miglior Fregoli, che lascia di stucco gli spettatori con un una manovra di destrezza.

Il fumo negli occhi sui livelli equivalenti delle prestazioni costituisce la seconda furbata di Calderoli: una commissione formata da sessantadue saggi formulerà le proprie astruse conclusioni, quando basta vedere cosa accade nell’unica materia che è assegnata alla titolarità delle regioni, vale a dire la sanità. Si sono solo allargati i divari intollerabili tra i cittadini della Repubblica e si è costruito uno spazio sempre più esteso per il governo dei privati nella erogazione dei servizi. Diseguaglianza crescente e privatizzazioni striscianti saranno i due meccanismi che si consolideranno con l’autonomia differenziata in salsa leghista.

Insomma, stiamo parlando di un passaggio davvero cruciale e strategico per il futuro dell’Italia. Questo spiega l’importanza della mobilitazione che si è determinata nel corso degli ultimi mesi da parte di chi ha compreso che ora è il momento per tenere alta l’attenzione, nelle istituzioni e nella pubblica opinione.

A differenza del passato, il Senato ha l’obbligo di discutere le proposte di legge popolari. Il 38,6% delle firme per la proposta di legge di iniziativa popolare è stato raccolto attraverso adesioni online, mentre il 61,4% delle firme è stato raggiunto con la forma tradizionale dei banchetti per le strade.

Il Nord ha contribuito con il 13,4% sul totale delle firme, mentre il Centro arriva al 25,5% ed il Mezzogiorno al 61,6%. Le regioni settentrionali hanno contribuito con lo 0,04% di firme sul totale della popolazione, le regioni del Centro con lo 0,20% ed il Sud con lo 0.36%.

Non si è dunque ancora raggiunta la piena consapevolezza che questa autonomia differenziata proposta dal governo non danneggia solo le regioni del Sud, ma anche l’intera comunità nazionale, perché depotenzia il governo unitario dei fenomeni politici, economici e sociali, in un mondo che richiede ancor di più la forza delle decisioni con indirizzo unitario, evitando quelle frammentazioni che portano solo alla dispersione delle risorse ed all’impoverimento della collocazione internazionale del Paese.

La regione che ha raccolto il maggior numero di firme per le legge di iniziativa popolare è la Campania, con 18.779, mentre la città che ne ha raccolto di più è stata Roma, con 14.238. In percentuale sul totale della popolazione la regione che ha raccolto più firme è stato il Molise, con lo 0,72%, mentre la regione che ha contribuito di meno è stata la Valle d’Aosta, con lo 0.01% rispetto alla popolazione e solo 21 firme in tutto.

Mentre sono iniziate al Senato le audizioni che precedono la discussione del disegno di legge Calderoli, si tratterà di capire quando l’ufficio di presidenza metterà in discussione anche la legge di iniziativa popolare. Considerato il numero consistente di adesioni raccolte, c’è l’auspicio che si consenta al Parlamento di ascoltare anche la voce di tanti cittadini che, con il loro impegno, hanno voluto richiamare l’attenzione del legislatore sul fatto che, un’altra autonomia differenziata è possibile.

Nessuno potrà dire di non sapere. I temi che riguardano il futuro della nazione sono ormai tutti squadernati, e si giocano sui rapporti di potere che saranno definiti nella discussione parlamentare sull’equilibrio, o lo squilibrio, tra governo centrale e strutture territoriali, anche perché le Regioni non hanno la minima intenzione di condividere il potere con i Comuni: a loro saranno lasciate solo le responsabilità, senza risorse.