fbpx
Home Cultura Doomed to live, Gomorra è tutta lì

Doomed to live, Gomorra è tutta lì

by Giulio Espero
0 comment

Anche la quarta serie di Gomorra è giunta al termine. Genny Savastano, sempre più cupo e solitario, abbandonati i sogni di diventare un imprenditore pulito di successo, decide che deve riprendersi il suo regno: Secondigliano.

Per poter tornare in sicurezza, per togliersi dalle calcagna una magistratura che lo incalza, deve commettere un omicidio efferato. Uccide infatti Patrizia, la reggente che lui stesso aveva messo a capo di Secondigliano. La scena dell’assassinio è forte, inaspettata, cinematograficamente eccellente. Gli attori, come sempre, sono stati bravi a non calcare troppo la mano, a risultare credibili senza eccedere nello splatter di gusto americano.

Viene ucciso anche Michelangelo, il secondogenito dei Levante, che aveva sposato Patrizia, di cui si era perdutamente innamorato e da cui aspettava un figlio.

Nella serie muore anche Valerio, il rampollo della Napoli bene, che abbandonati gli studi, la famiglia borghese, segue e insegue la fratellanza mistica di Sangue Blu, il mistico diseredato di Forcella.

La ruota della morte violenta, fredda, glaciale e implacabile, gira per tutti. Anche i potentissimi Levante vengono fatti fuori in un attentato di stampo militare. Gennaro Savastano è tornato!

Il successo mondiale della serie Gomorra, una delle fiction italiane più rivoluzionarie e innovative, è il frutto di svariati fattori. Il soggetto, la sceneggiatura, gli attori e la regia (che benché di mani divesrse mantiene una congruenza stilistica difficilmente raggiungibile), fanno tutt’uno in un insieme credibile e coerente che trova un leit motiv efficace nelle ambientazioni e nella splendida colonna sonora.

Inutile negare l’importanza e la forza narrativa delle ambientazioni urbane, che lungi dall’essere una mera location, un semplice sfondo, ambiscono a diventare protagoniste esse stesse, dotate come sono di un genius loci che, dal punto di vista cinematografico, forse neanche Roma città eterna della Grande Bellezza possiede. Internazionale, urbana e dolente, la colonna sonora dei Mokadelic ricama, con le sue note aspre ma al tempo stesso struggenti, trame musicali ormai diventate un vero e proprio mood per gli estimatori della serie. Quando parte “Doomed to live”, Gomorra è tutta lì. Quattro milioni di visualizzazioni su youtube del brano, non sono cosa da poco.

Meno avvincente e più rarefatta rispetto alle altre stagioni, la quarta serie ha giocato su una chiave narrativa meno eroica e più dolente delle vicende che trovano inesorabilmente un epilogo crudo, terribile ed infame. I personaggi appaiono meno carismatici, la scrittura della trama è più lenta e introspettiva, basata com’è, più che sull’azione dei personaggi, sulle reazioni interiori che quei fatti producono. Gli eroi sono morti o moriranno presto, come è giusto che sia. Si dibattono vanamente. Sono mostri che si dannano in un vortice oscuro. Non c’è redenzione, non c’è speranza che tenga. La forte e profonda storia d’amore di Patrizia e Michelangelo finisce con la morte di entrambi. Secondigliano è più forte.

La scena di Patrizia e Michelangelo, che in una mattina livida guardano un panorama mozzafiato di una Secondigliano con lo sfondo del Vesuvio a far da punto di fuga di una prospettiva che poche città al mondo possono vantare, rimane, a nostro giudizio, da storia del cinema italiano.

Speriamo finiscano le sterili polemiche sociologiche sulla amoralità asettica della serie. Non pare ci sia proprio nulla da invidiare a Gennaro Savastano che vive senza amici, senza parenti, senza vicini in una splendida casa che, con il suo lusso e la sua cafonaggine, non fa che amplificare la solitudine dei personaggi che sembrano avere la libertà dei pesciolini rossi in un acquario.

Patrizia per fare una nuotata, deve sequestrare una piscina pubblica e fare un bagno ad un’ora antelucana, sorvegliata da un nugolo di guardie del corpo (una scena autobiografica di Saviano?).

Il lusso non è mai gioia, materialistico edonismo, ma un semplice riempitivo privo di reale godimento.

E finalmente, udite udite, fa capolino anche la magistratura che con il dottor Ruggieri, si mette ad indagare seriamente sul figlio di don Pietro Savastano. Non è la giustizia dei duri e puri però.

È la giustizia degli uomini, con le loro miserie, le loro insoddisfazioni, i difetti e le motivazioni molto umane e poco nobili. Nella prossima serie vedremo come va a finire. A proposito ma O’ Maestrale chi è?