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Energia: l’Italia dei no

by Pietro Spirito
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Spesso capita di imbattersi in singole storie di ordinaria follia che riguardano investimenti nella realizzazione di impianti industriali per energia, rifiuti ed infrastrutture che restano bloccati per le proteste dei cittadini. Comitati e movimenti spuntano più che i funghi nei boschi in autunno dopo la pioggia: si mobilitano per evitare che sul loro territorio vengano realizzate queste opere.

Però, se scattiamo una istantanea complessiva che con un drone dall’alto effettui il censimento degli impianti bloccati, oggi ne contiamo 485 di cui il 57,4%, molto più della metà, riguarda il settore energetico. Se poi andiamo a scavare all’interno di questo 57,4%, scopriamo che quasi due terzi di questo valore (73,3%) riguarda impianti energetici da fonti rinnovabili, in particolare eliogas e biometano.

Il mistero si infittisce. Scopriamo di essere contrari in particolare agli impianti da fonti energetiche alternative, quelle che dobbiamo perseguire per liberarci dalla dipendenza energetica dai russi e dalle fonti fossili e per percorrere il sentiero della transizione energetica verso quella sostenibilità necessaria per limitare i danni che derivano dai cambiamenti climatici in corso.

C’è materia per interrogarsi sul futuro che vogliamo. Abbiamo praticamente deciso che non si può fare quasi nulla, soprattutto sotto casa nostra, dove anche spostare uno spillo è un delitto contro l’umanità. E abbiamo deciso poi che non si possono fare soprattutto gli impianti delle energie alternative, mentre probabilmente le stesse persone che si oppongono sono quelle che scendono in piazza urlando slogan ecologisti.

Le contraddizioni sono sorprendenti, ed ormai anche irritanti. Sarebbe un po’ come stare con Putin che bombarda le città e con i cittadini ucraini che stanno sotto le sue bombe al tempo stesso.

Di questo passo non andremo proprio da nessuna parte. Anzi, piuttosto andremo dritti dritti verso il declino che abbiamo già messo oggi nel calendario del futuro dei nostri figli. Poi un giorno ci strapperemo le vesti e diremo che è stata colpa del destino cinico e baro, della classe politica incapace, delle avverse condizioni meteorologiche, della pasta che è venuta scotta perché ci siamo distratti.