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Il destino mediterraneo dell’Europa

by Pietro Spirito
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Il Mediterraneo è tornato ad essere un quadrante strategico della geopolitica e della geoeconomia nel mondo. Dopo il raddoppio del Canale di Suez, le connessioni marittime sono nuovamente baricentrate nel Mare Nostrum, che oggi concentra un quarto del traffico dei container ed oltre il 30% del traffico petrolifero mondiale.

La complessità delle relazioni internazionali è intanto diventata estremamente più articolata: quando il mondo era bipolare, gli schieramenti risultavano schematicamente trasparenti e le scelte scaturivano da una collocazione meccanica in uno dei due grandi blocchi politici ed economici. L’Europa era un pilastro dell’alleanza transatlantica, svolgendo le funzioni di antenna politica e militare.

Anche i margini di libertà dentro questo schema rigido erano possibili. L’Italia poteva fare i suoi giri di valzer in politica energetica con i Paesi arabi godendo di una parziale copertura da parte degli Stati Uniti. Francia e Gran Bretagna si sentivano legittimate a coltivare rapporti politici ed economici con i territori che avevano fatto parte delle proprie colonie prima della conclusione della Seconda guerra mondiale.

Negli ultimi decenni tutto è cambiato nello scenario mediterraneo: a cominciare dal progressivo disimpegno degli USA, passando ad una maggiore libertà di movimento della Russia, dalle pretese egemoniche dalla Turchia di Erdogan, per finire alle politiche di supremazia commerciale della Cina.

Lo scacchiere si sta ricomponendo in una dimensione radicalmente differente rispetto al recente passato. La Cina controlla il porto del Pireo in Grecia ed ha avviato una serie di investimenti infrastrutturali nei porti e nelle ferrovie della sponda sud del Mediterraneo. La Russia e la Turchia si sono incuneate nel conflitto civile libico, mentre stanno riemergendo le antiche tensioni tra Grecia e Turchia sul fronte del Mediterraneo orientale.

La rivoluzione religiosa iraniana, i conflitti tra sunniti e sciiti, il terrorismo islamico e le primavere arabe hanno contribuito a rendere progressivamente sempre più torbido lo scenario, diffondendo sentimenti anti-occidentali. Gli attori sullo scacchiere mediterraneo si sono moltiplicati, mentre al tempo stesso l’Europa si è frammentata e disimpegnata.

I conflitti nell’area mediterranea sono intanto diventati multidimensionali, rispondono a logiche locali ma vanno inquadrati anche in una geometria variabile delle alleanze internazionali. Tradizionalmente il Mediterraneo era considerato nei decenni passati fondamentale per gli interessi energetici occidentali: la matrice di questa centralità ha cominciato a pesare progressivamente meno per effetto della diversificazione delle fonti energetiche.

Di converso, il Mediterraneo è diventato il cuore delle migrazioni, a causa in parte dei conflitti arabi che hanno generato il fenomeno dei richiedenti asilo, e dall’altro per l’incremento esponenziale delle migrazioni africane con motivazione economica.

L’Europa si è chiusa a riccio, non sapendo come reagire a questo tornado della storia. I Paesi confinanti con la sponda sud del Mediterraneo hanno dovuto fronteggiare sostanzialmente da soli questa emergenza, e ne sono rimasti sommersi. I fatti più recenti, con l’ingresso nel Mediterraneo di altre potenze che si affacciano per condizionare il futuro di questo quadrante economico e politico, stanno modificando anche l’atteggiamento comunitario.

Nello scenario post-pandemico, stanno emergendo approcci innovativi. A differenza di quanto era accaduto con la crisi del sub-prime e dei debiti sovrani, l’Unione Europea ha varato il programma Next Generation EU. Noi lo stiamo interpretando come una misura per risanare le economie nazionali.

Se ci pensiamo un attimo, dovremmo leggere questo cambio di passo europeo non soltanto come un meccanismo per invertire la tendenza al ristagno dell’economia, ma come una azione a vasto spettro per tornare ad un protagonismo comunitario che ha perduto molto smalto nei decenni recenti.

L’Europa tornerà ad essere al centro delle relazioni internazionali se sarà protagonista nello scacchiere mediterraneo. Se invece non riuscirà a contrastare l’azione che altre potenze stanno mettendo in campo per piantare pilastri di controllo all’interno del Mare Nostrum, molto difficilmente l’Unione Europea riuscirà ad uscire dal cono d’ombra nel quale è stata collocata per difetto di una politica internazionale.