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“Il liberalismo perduto” di Enzo D’Anna

by Federico L. I. Federico
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L’opera prima di Vincenzo D’Anna – già presentata a Roma e a Napoli e presto anche a Pompei, a Milano e poi a Lucca – attuale Presidente Nazionale dei Biologi italiani e già parlamentare per circa otto anni, di cui tre trascorsi da Deputato e cinque da Senatore, è un libro che si intitola lapidariamente “Il liberalismo perduto” ma presenta un sottotitolo accattivante che recita: “L’italia alla ricerca di un partito che non c’è”. Edito da “La Vela” – con una copertina volutamente un po’ rétro – in cui appaiono i ritratti di Einaudi, Croce e Sturzo – reca la prefazione autorevole di Ferdinando Adornato, ben noto giornalista ed ex parlamentare anch’egli. Penna finissima da Direttore di Liberal, il giornalista Adornato è già di per sé garanzia della qualità delle oltre cinquecento pagine che compongono il libro di D’Anna, facendone un manuale acuto e ben scritto di punti di vista, analisi, sintesi e proposte a ricetta liberale. E quei non molti che, come me, conoscono a fondo Enzo D’Anna – Enzino per gli amici di giovinezza che gli affibbiarono un nomignolo che intende sottolineare la sua non eccelsa stazza fisica – trova nella Prefazione di Adornato gli elementi essenziali del suo ritratto più vero.

Quello dell’Enzino amico fraterno, capace di impeti e slanci, anche di generosità oltre che di cordialità coinvolgente. Ma anche quello del D’Anna protagonista di forti e, a volte, velenose e inarrestabili polemiche. Ne sa qualcosa anche Silvio Berlusconi che – esausto in seguito a un prolungato contrasto verbale con lui – perse le staffe e, come un qualsiasi volgarotto parvenu della polemica politica, mandò D’Anna a quel paese, invece che rispondere nel merito alle critiche rivoltegli a tu per tu, quindi senza la deferenza untuosa e fantozziana di uno dei suoi tanti peones, portati allo scranno di Montecitorio.

Ferdinando Adornato, da navigato giornalista, ha perciò piazzato nella aletta della prima di copertina il proprio ben riuscito ritratto del suo amico Enzo D’Anna. Ne saccheggio quindi senza ritegno alcuni stralci. Adornato infatti scrive con chiarezza preliminare: “L’autore di queste pagine, dopo la loro lettura, potrebbe apparire ad alcuni una sorta di dott. Jekyll e Mister Hyde” E poi prosegue affermando che, per esempio, da Wikipedia emerge un ritratto di Vincenzo D’Anna autore di “…presunti saluti romani, gesti sessisti nell’aula di Palazzo Madama”, nonché l’indicazione “…neanche troppo vaga, del reato di concorso esterno in associazione no-vax. Insomma un tipetto poco raccomandabile.” E subito dopo Adornato afferma: “…Se, invece, leggerete queste sue note – tre anni di riflessione sulla recentissima storia d’Italia- vi troverete davanti a un colto e raffinato, seppur tagliente e caustico, interprete della storia italiana. Mai banale, spesso spiazzante.”

Poi Adornato subito dopo conclude: “…Faticherete, insomma a riconoscere la stessa persona descritta da Wikipedia e dalla cattiva Stampa che ha più volte amareggiato la “vita attiva” di D’Anna. Come si spiega? Non è difficile. Molti lo considerano ‘un provocatore’ e forse egli lo è.”

Il libro – che vale la pena di leggere – nasce da una raccolta di fondi ed editoriali, pubblicati nel corso degli anni, sul quotidiano Cronache, edizioni Napoli e Caserta, e sul portale Appia Polis, in cui l’ex parlamentare ripercorre, con uno stile schietto e accattivante, a tratti ironico e dissacrante, le vicissitudini del Belpaese, a suo giudizio ancora oggi sospeso tra tentazioni criptosocialiste e voglie di libero mercato.

E, a mia domanda sul fine della sua pubblicazione, il mio amico e congiunto d’Anna risponde provocatoriamente: “Partiamo da questo presupposto: il liberalismo non può essere colto né come scienza, né come filosofia, se non se ne conoscono a fondo le basi. Il mio libro infatti affronta proprio la questione dei pregiudizi che spesso nascono dall’ignoranza. E svela il paradosso, in cui si dibatte l’anima stessa di una nazione, la nostra, tuttora incompiuta, ferma a metà, nel guado. E che, per cause storiche ben precise e politiche contingenti, è ancora alla ricerca di una sua precisa identità.”

L’ex parlamentare riflette un attimo e poi riprende. “Viviamo in una società fluida, veloce, irriflessiva, emotiva in cui si va perdendo l’abitudine al ragionamento. Ebbene, in questo contesto, quello che ci si para innanzi è il ‘qualunquismo’: vale a dire l’idea che si possano avere risposte semplici a problemi complessi, che tutto cioè, possa essere appreso e compreso attraverso il fiume carsico di notizie che ci arriva attraverso i social”.

D’Anna nel libro mette in evidenza proprio queste contraddizioni storiche, presenti in tutti i campi – dalla Politica alla Sanità, dalla Scuola alla Cultura, dalla Giustizia allo Sport. A suo giudizio esse, se non superate, saranno sempre di ostacolo alla costruzione di un vero mercato di concorrenza e all’edificazione di uno stato liberale, leggero ed efficiente.

Concludendo ci permettiamo un meditato nostro giudizio: Enzo D’Anna con “Il Liberalismo perduto” si è guadagnato sul campo il riconoscimento di pensatore politico liberale.

Senza paura di essere smentiti.