Le cronache hanno dato conto in maniera esaustiva della performance di Sgarbi al Maxxi di Roma. A margine della vicenda proviamo a fare alcune considerazioni. Se si invita un personaggio come Sgarbi alla seduta inaugurale dell’Estate al Museo ci si aspetta da lui che faccia ciò per cui viene invitato: uno show denso di volgarità, riferimenti sessuali, giudizi inappellabili su personaggi e vicende. Lo si invita perché lo share aumenti, perché se ne parli ancora per giorni in modo che l’evento promosso abbia sempre più visibilità.
Peccato che qui non si stia parlando di un evento accaduto nel salotto di Costanzo o nel teatro di Pingitore, ma sul palco di una istituzione culturale che si propone come una piattaforma aperta a tutti i linguaggi della creatività e luogo di incontro, di scambi e collaborazioni, uno spazio aperto a tutti, un laboratorio di idee e di futuro. Se le affermazioni sessiste platealmente pronunciate dal Sottosegretario alla Cultura e da Morgan rappresentano una proposta laboratoriale per il futuro dei nostri giovani, vuol dire che in realtà siamo tornati ad un passato in cui a prevalere è ancora una stucchevole e più che mai pericolosa e distorta immagine della donna come strumento di piacere.
Se ne sono accorte da subito una quarantina di dipendenti, in prevalenza donne, che hanno scritto una lettera al presidente Giuli per chiedere di tutelare la dignità loro e del museo. Giuli di fronte alla formale e corretta protesta dei dipendenti ha pensato bene di usare toni intimidatori nel corso di incontri individuali. I dipendenti della Fondazione Maxxi in una nota successiva hanno poi espresso solidarietà al Presidente per la strumentalizzazione di una lettera riservata e personale. Ciò ovviamente non contrasta con il rifiuto delle volgarità espresse, ma evidenzia che con un tono intimidatorio e di censura il vertice ha ripreso in mano le redini della situazione che sembrava sfuggita di mano.
Purtroppo care amiche ed amici è ancora troppo facile passare sul corpo delle donne, considerarle prede da annotare e di cui vantarsi con gli amici. La cultura maschilista è profondamente radicata, difficile adeguare il linguaggio ad un vocabolario che escluda riferimenti sessuali perché ancora fanno ridere, creano complicità. Ma se questo può essere vero per un pubblico illetterato, non ce lo si aspetta da uno storico dell’arte, per giunta esponente del governo. Sgarbi fa Sgarbi e lo fa per compenso. E questo è ancora più grave. Vendersi l’anima per trenta denari fa ancora più ribrezzo delle parole dette.
Scoppiata la polemica Sgarbi ha cercato di difendersi. Dopo la lettera con cui il ministro Sangiuliano stigmatizzava l’accaduto, il sottosegretario alla Cultura si è difeso, sostenendo che quel momento non era un contesto istituzionale. “Condivido parola per parola la posizione del ministro Sangiuliano. Ma quello era uno spettacolo: lì il sottosegretario non c’era, c’era Vittorio Sgarbi che Giuli e Morgan hanno voluto come attore (…) Ho risposto a una provocazione divertente di Morgan come risponde un futurista.”
Ma di cosa parla Sgarbi? Le serate futuriste erano spettacoli d’avanguardia con declamazioni di poesie, letture, esposizioni di quadri, esecuzione di brani musicali che avevano come obiettivo la distruzione del teatro borghese. Il pubblico non era un mero spettatore passivo ma partecipava alle performance degli artisti, con fischi, urla, lancio di ortaggi. Cioè la provocazione doveva generare, nell’ottica degli artisti dell’avanguardia marinettiana, un salutare scontro di idee, un confronto anche violento ma necessario a rigenerare l’arte degli inizi del Novecento, considerata ormai ripetitiva. Cosa c’è di futurista in Sgarbi? La sola parola provocazione ma svuotata di qualunque novità, anzi carica di quel bagaglio di vecchie battute da pochade che non avrebbero fatto ridere neanche all’epoca e che sono calate su un pubblico silenzioso e forse disorientato.
Ancora una volta dobbiamo vigilare. Il Ministro Sangiuliano ha preso le distanze, le opposizioni hanno chiesto le dimissioni del sottosegretario, ma tutto si risolverà in una bolla di sapone. La velocità con cui si accumulano le notizie fa sì che nel giro di qualche giorno tutto sembri vecchio e superato. Noi, tuttavia, come cittadine e cittadini non dobbiamo dimenticare ed anzi dobbiamo sottolineare, ogni volta che sia necessario, che la parità di genere passa anche attraverso un linguaggio corretto e non lesivo della dignità di nessuno, meno che mai delle donne. Avere cura degli altri significa esprimere, comunicare, scegliere alcuni termini o alcuni concetti piuttosto che altri.
Solo così dichiariamo agli altri chi siamo.