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Inquinamento atmosferico. La situazione ad Avellino

by Stefano Sorvino
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L’autore è Commissario straordinario dell’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente della Campania – ARPAC.

La problematica dell’inquinamento atmosferico (cosiddetto smog) è purtroppo di sempre più ricorrente attualità a livello nazionale e regionale, al centro di un allarmato dibattito mediatico, alla luce dei dati poco incoraggianti che periodicamente forniscono le centraline di monitoraggio delle Agenzie regionali per la Protezione dell’ambiente.

La matrice naturale dell’aria, che rappresenta la miscela di gas, vapore e particelle solide più bassa dell’atmosfera – essenziale per qualsiasi forma di vita – è, da molto tempo, aggredita da diffusi fenomeni di inquinamento che, soprattutto nelle zone più antropizzate ed industrializzate, ma non solo in quelle, manifestano allarmanti criticità.

La questione dell’inquinamento dell’aria è da tempo diffusa ed avvertita in Campania e i dati recenti evidenziano situazioni variabili ma parzialmente insoddisfacenti, non tanto e soltanto nell’area metropolitana strutturalmente più esposta per l’addensamento insediativo (Napoli centrale, da piazza Garibaldi verso la zona orientale Acerrana-Nolana, in particolare con i Comuni di Pomigliano e San Vitaliano) ma anche nei capoluoghi interni di Avellino e Benevento – con numerosi picchi di sforamento dei valori relativi alle polveri sottili – oltre che in altri Comuni significativi della regione (come, ad esempio, Nocera nel Salernitano).

La persistente sofferenza nel centro di Avellino, pur segnalandosi un lieve miglioramento tra il 2017 e il 2018, risulta apparentemente paradossale, non essendo una città a concentrazione industriale né di grandi dimensioni. Essa si spiega soprattutto con le sfavorevoli caratteristiche geomorfologiche del capoluogo, situato in una conca circondata da alture con una forte tendenza al ristagno, alla formazione ed all’accumulo di elementi inquinanti provenienti dal traffico veicolare – piuttosto pesante nelle strade del centro –, dai riscaldamenti (soprattutto in concomitanza delle rigide temperature invernali) ma anche dalle intense attività antropiche e produttive ubicate nei comuni dell’hinterland, che chiudono Avellino in una stretta cintura peri-urbana.

La infelice posizione geografica di Avellino si riscontra anche nei bollettini Arpac di previsione meteo ambientale sulle concentrazioni di ozono e polveri sottili, evidenziandosi in inverno la frequente presenza di situazioni meteorologiche di inversione termica con temperature più elevate a Montevergine che ad Avellino e conseguente ristagno degli inquinamenti a meno di cento metri dal suolo.

Nel dibattito pubblico si pone attenzione alle attività di monitoraggio della qualità dell’aria, di cui si richiede l’intensificazione, ma in realtà la rete di rilevazione dell’Arpac, costituita da una fitta serie di centraline – fisse su tutto il territorio ed integrate occasionalmente da laboratori mobili – è completa ed efficiente, in conformità alla normativa comunitaria e nazionale, offrendo dati attendibili e tempestivi, costantemente a disposizione delle autorità locali e del pubblico.

La rete Arpac di monitoraggio della qualità dell’aria è stata recentemente aggiornata e potenziata, con progetto approvato dalla Regione nel 2014, con nulla osta del ministero dell’Ambiente ed i pareri di Enea ed Ispra, tenendo conto della zonizzazione aggiornata del territorio regionale, approvata dallo stesso ministero dell’Ambiente.

Il Comune di Avellino rientra nella zona collinare della Campania in cui sono previste stazioni di monitoraggio sia nei capoluoghi che in altri centri urbani. Ad Avellino sono ubicate una stazione di tipo traffico in via Piave (presso la scuola Dante Alighieri) ed una stazione di tipo fondo in via Scandone (plesso Cimarosa), dotata dal dicembre 2018 di un analizzatore delle concentrazioni orarie di polveri sottili. Inoltre, dalla fine del 2018, è in corso una campagna straordinaria di monitoraggio integrativo, con laboratorio mobile posizionato presso la villa comunale (area ex Gil-Eliseo) e nell’area vasta avellinese è attiva la stazione di rilevamento ubicata presso lo Stir di Pianodardine ma a servizio dell’intero agglomerato.

Il problema evidentemente non risiede nel compiuto ed articolato sistema di monitoraggio ma piuttosto nel risultato parzialmente negativo dei dati rilevati che costringono le amministrazioni locali (anche a scanso di responsabilità giuridiche) ad adottare ordinanze interdittive per la prevenzione dell’inquinamento con misure – talvolta parzialmente inosservate e con blandi controlli – soprattutto di limitazione della circolazione veicolare (con particolare riferimento alle categorie di autovetture più inquinanti), che risultano tuttavia palliative e scarsamente risolutive ancorché obbligate giuridicamente.

Viceversa, il dibattito dovrebbe focalizzarsi sull’analisi e sulla ricerca delle molteplici cause (traffico urbano, impianti di riscaldamento, abbruciamento di vegetali, emissioni industriali, mancanza di infrastrutture verdi, ecc.), nelle loro complesse interrelazioni, e soprattutto sulla individuazione di concrete e realistiche strategie di contrasto da attivare a livello locale e, anche e soprattutto, a livello intercomunale.

Infatti, per fronteggiare seriamente il fenomeno occorre un approccio integrato con l’elaborazione e l’adozione di un combinato di misure e prescrizioni, secondo politiche interconnesse di intervento – da promuovere con realismo e perseveranza – per area vasta e sulle molteplici fonti inquinanti, richiedendosi azioni concertate fra enti di breve, medio e lungo periodo (secondo il modello europeo e quanto sta iniziando a sperimentarsi nella inquinata pianura padana).

Le misure e politiche attive possono essere le più svariate, tra cui incentivi ed interventi a favore della mobilità sostenibile; promozione del trasporto pubblico con mezzi a basso impatto ambientale; forme alternative di mobilità urbana, rinnovo del parco automobilistico, maggiore osservanza del codice della strada e dei procedimenti di pianificazione da esso previsti, politiche urbanistiche con la realizzazione di infrastrutture e polmoni verdi, isole pedonali e zone a traffico limitato, piste ciclabili urbane, interventi di “ambientalizzazione” del sistema dei riscaldamenti, e degli impianti termici, divieto di pratiche agricole di “abbruciamento” con combustione di vegetali.

Ovviamente il ventaglio di misure generali e settoriali, volte al contenimento ed alla riduzione dell’inquinamento atmosferico, deve appropriatamente coniugarsi nello specifico settoriale di ciascuna realtà locale, con le sue peculiarità, ispirando scelte e politiche adeguate alla serietà della problematica.