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Kara-Mourza, un eroe russo

by Guido Mondino
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Riceviamo e volentieri pubblichiamo

 

Cos’è un eroe? Colui il quale mette in gioco la propria vita per il bene comune.

Nel marzo dell’anno scorso, tre settimane dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, l’oppositore politico Vladimir Kara-Mourza fece una serie di dichiarazioni per denunciare gli assassinii politici che si perpetravano a Mosca e i crimini di guerra del suo paese.

Avrebbe potuto restare negli USA, oppure magari rifugiarsi a Londra visto che, oltre alla cittadinanza russa, possiede un passaporto britannico. Avrebbe potuto… Già, tanto più che conosce fin troppo bene la sorte riservata agli oppositori del regime: il suo mentore, Boris Nemtsov, nel 2015 fu assassinato con quattro proiettili nella schiena a qualche passo dalla Piazza Rossa.

Lo stesso Kara-Mourza si ammalò misteriosamente nello stesso anno, al punto da essere messo in coma artificiale: uno dei tanti tentativi di avvelenamento. Nonostante ciò, decise di tornare in Russia e subì un secondo avvelenamento sfiorando nuovamente la morte nel 2017. Secondo un gruppo di giornalisti d’inchiesta, dietro ai due avvelenamenti c’è lo stesso gruppo di agenti del FSB che tentò di liquidare Alexei Navalny.

Dunque… cos’è un eroe? Come nelle tragedie greche, è colui che affronta il proprio destino invece di sfuggirlo. Ben inserito a Washington, in una cerchia di intellettuali con grande visibilità, Vladimir Kara-Mourza ha reputato che il suo posto era nel suo paese, rientrando a Mosca nel 2022. Com’era facile da predire, fu immediatamente arrestato con l’accusa di alto tradimento. Il suo processo farsa è arrivato alla fine: il 17 aprile la sentenza ufficiale sarà emessa e già si sa che lo attende una pena di 25 anni di prigione.

«Non posso che rimproverarmi una cosa: non sono riuscito a convincere un sufficiente numero di compatrioti e di uomini politici sul pericolo che l’attuale regime del Cremlino rappresenta per la Russia e per il pianeta» ha detto tempo fa.

Non vi è colpa nell’averci provato. Fu lui a convincere il Congresso USA nel 2012, e successivamente il governo del Canada, ad adottare una “legge Magnitski”, dal nome di un avvocato anticorruzione russo poi morto in prigione. La Legge sulla giustizia per le vittime dei dirigenti stranieri mirava innanzitutto agli oligarchi e dirigenti politici russi implicati nel processo e nella detenzione di Magnitski. Detta legge, in Nord America si applica a tutti i dirigenti politici stranieri colpevoli di gravi violazioni dei diritti dell’uomo al fine di impedire che costoro ricevano un visto (di approdo), l’utilizzo del sistema bancario nonché il possesso di beni.

«Costoro intendono utilizzare il sistema economico e universitario dell’Occidente per riciclare i proventi di loschi affari e crimini condotti in Russia» aveva insistito Vladimir Kara-Mourza, in tal modo incitando – con successo – i governi del Nord America ad adottare la legge Magnitski. Nessuna meraviglia che sia finito sulla lunga lista dei giornalisti e oppositori russi imprigionati o liquidati senza complimenti.

Perché allora, a 41 anni rischiare la propria vita facendosi spedire ai lavori forzati in qualche campo di concentramento e lasciandosi ridurre al silenzio? Perché, come Navalny, crede che un giorno la Russia diventerà un paese normale.

Ricordate ciò che dicevano i dissidenti verso la fine del regime sovietico? «La notte è più scura un attimo prima dell’alba». Una frase che, sovente, ripete anch’egli. A Mosca ridevano di chi ripeteva questa massima negli anni 80 ma il regime sprofondò nel 1991. Nel 2022, durante un discorso in Arizona, Vladimir Kara-Mourza aveva sostenuto che la Russia era passata da una democrazia imperfetta a un regime totalitario ma con il rovescio della medaglia: milioni di persone che rigettano completamente l’attuale regime. La prova? Le manifestazioni durante le prime settimane successive all’invasione dell’Ucraina: 15.000 arresti secondo alcune fonti, ma oltre 20.000 secondo le organizzazioni di difesa dei diritti dell’uomo.

Tutto questo Vladimir Kara-Mourza lo sapeva e lo ripeteva. Parlava sempre dell’annichilimento dell’opposizione, della scomparsa dei media indipendenti ed era conscio che avrebbe raggiunto miglia di detenuti in un campo di concentramento da qualche parte in Siberia. Ma dopo aver osservato per dieci anni la slavina delle libertà, aveva deciso.

«Allorché c’è abbastanza gente decisa a sollevarsi per mettere fine alla repressione, qualunque dittatore è destinato a svanire. So che verrà un giorno in cui le tenebre che avvolgono il nostro paese si dissiperanno… Un’alba che definirà come criminali coloro che hanno istigato questa guerra [in Ucraina] e non coloro che hanno cercato di fermarla» ha sentenziato dal buio della sua cella.

Cos’è un eroe? Colui che continua a credere nell’alba anche quando tutto è più densamente scuro, colui che si batte contro ogni apparente ragione, anche a rischio di passare per un folle o di morire incarcerato.