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Le valutazioni dell’ARPAC sul quadro generale della balneazione in Campania

by Stefano Sorvino
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L’Autore è Commissario Straordinario dell’Agenzia regionale per l’ambiente in Campania.

La classificazione delle acque balneari per il 2020 ha riacceso, pur in pieno inverno, l’interesse sul tema molto sentito della qualità delle acque costiere. L’informazione si è soffermata con attenzione sui nuovi dati relativi alle 328 acque monitorate. In diversi casi esultando, come per quasi tutto il litorale Cilentano, o rimarcando preoccupazioni per criticità locali.

L’ARPAC controlla e monitora le acque marino-costiere, come quelle interne superficiali e sotterranee, e produce e comunica dati conoscitivi di valenza ufficiale ed oggettiva. Naturalmente l’Agenzia, che è organo tecnico, non è responsabile delle politiche attive, né tanto meno del contenuto dei dati monitorati, né ha il compito istituzionale di commentarli. Ma tuttavia può esprimere valutazioni sulle conoscenze di volta in volta acquisite.

Le tecniche e modalità di monitoraggio sono definite dalla legislazione comunitaria e nazionale, che prevede l’obbligo di analizzare due parametri batteriologici come indicatori di contaminazione fecale, trattandosi di un controllo volto a finalità primarie di tutela sanitaria.

Sulla base della classificazione approvata dalla Regione, come recepimento del monitoraggio agenziale, le acque qualificate “eccellenti”, “buone” e “sufficienti” e quelle definite di “nuova classificazione” sono da considerarsi balneabili sin dall’inizio della prossima stagione, che si aprirà nella primavera prossima, salvo eventuali esiti sfavorevoli di futuri monitoraggi. Invece per quelle acque risultate di qualità “scarsa”, i Sindaci devono emanare un divieto di balneazione all’inizio della stagione. Ma tuttavia non definitivo, in quanto anch’esse saranno ulteriormente monitorate e l’interdizione potrà essere revocata alla verifica dell’avvenuto risanamento.

La frequenza dei controlli è almeno mensile durante la stagione balneare, il giudizio di qualità è calcolato su base statistica e la classificazione annuale avviene in virtù dei risultati delle ultime quattro stagioni. La produzione annuale da parte dell’ARPAC su tutto il litorale campano è costituita da circa 2.500 campionamenti e 5.000 determinazioni analitiche. Oltre ai prelievi nei punti pianificati, vengono effettuati ulteriori campionamenti in “punti di studio” o in situazioni particolari rilevate dalla stessa Agenzia o segnalate da altre autorità (Procure, Guardia Costiera, ecc.).

Nel merito emerge, come dato saliente, che in Campania la classificazione per il 2020 risulta nel suo insieme invariata rispetto all’anno precedente, con il 97% di coste balneabili sul totale del litorale monitorato. Ovviamente risultano escluse dalla classifica, e quindi dalla predetta percentuale positiva, quelle parti di costa automaticamente interdette alla balneazione per le loro caratteristiche strutturali, e cioè circa 60 chilometri per la presenza di porti, strutture militari, canali e foci di fiumi non risanabili ecc. Più nello specifico, l’88% della costa monitorata nelle tre province costiere della Campania è risultata di qualità “eccellente”, con un dato complessivo stabilizzato rispetto all’anno precedente.

Può così rilevarsi, pur con la necessaria cautela, che si consolida una tendenza al miglioramento già da tempo manifestatasi, nonostante varie criticità locali, strutturali e contingenti. Lo stabilizzato miglioramento è probabilmente determinato anche dall’efficientamento impiantistico dei sistemi depurativi – che ha avuto forte impulso negli ultimi anni – come, ad esempio, per la recente messa in esercizio dell’avanzato depuratore regionale di Punta Gradelle, che nell’ultimo biennio ha determinato sicuri benefici sulla qualità delle acque della Penisola Sorrentina.

Tuttavia, non bisogna far allentare lo sforzo complessivo degli Enti territoriali volto al superamento delle ulteriori e perduranti criticità, che determinano fenomeni limitati ma frequenti d’inquinamento costiero, talvolta occasionali ma in altri casi persistenti.

Nell’analisi bisogna poi considerare l’incidenza negativa dei fenomeni piovosi violenti, anche se di breve durata, che in estate spesso mettono in crisi la rete delle acque pluviali in cui, nei sistemi misti, sono convogliate anche le acque fognarie, con l’attivazione dei “tubi di troppo pieno”, ovvero degli sfoghi che scaricano direttamente in mare le acque eccedenti nelle tubature e nei collettori dove normalmente scorrono le acque di fogna.

In definitiva, le problematiche del mare campano sono soprattutto determinate dalle acque “reflue” o di scarico riversate direttamente senza alcun trattamento depurativo, laddove lo sversamento diretto – senza condotta sottomarina e non trattato – costituisce la causa più importante di inquinamento, fino ad alcuni decenni fa largamente diffusa ma che oggi rappresenta una eccezione, anche se non del tutto scomparsa.

In sintesi, la contaminazione microbiologica del mare è determinata quasi sempre dallo sversamento di reflui urbani (o simili) non depurati, principalmente a causa di impianti di depurazione e sistemi di collettamento non adeguati, di reti fognarie assenti, carenti ed obsolescenti, di blackout elettrici ed altre situazioni accidentali, scarichi abusivi e condotte tipicamente illegali.

Circa l’analisi dei dati, valutati per distinti ambiti di costa, si possono formulare alcune sintetiche considerazioni, a partire dalla condizione del litorale Casertano su cui permangono alcune strutturali criticità in acque comunque già non adibite all’uso balneare, tra cui la principale è costituita dalla foce dei Regi Lagni.

In provincia di Napoli, per l’isola di Ischia ed il Litorale Sorrentino, si conferma l’influenza negativa degli eventi piovosi, che richiederebbero appropriate misure di gestione da parte degli Enti locali e dei soggetti gestori, mentre le acque di Torre del Greco risultano penalizzate dalla presenza di numerosi alvei che sfociano a mare con carico inquinante.

Nell’ambito del litorale Flegreo un problema delicato e controverso è costituito dall’acqua di balneazione del “Lido di Licola”, di qualità scarsa sino alla foce nord del lago Fusaro, per un tratto di costa di circa quattro chilometri, su cui incidono vari elementi probabilmente concorrenti nella causazione dell’inquinamento marino rilevato. In un primo momento si era ipotizzata la riferibilità del fenomeno allo scarico del depuratore regionale di Cuma che invece, ad inizio settembre, è risultato conforme ai parametri microbiologici di legge. Sono poi da considerare gli scarichi inquinanti del canale di Quarto, il problematico alveo dei Camaldoli ed il Canale Abruzzese, probabilmente responsabili del non buono stato di qualità di questo tratto di costa.

La delibera regionale sulla classificazione delle acque balneari per il 2020 costituisce, in definitiva, l’esito provvedimentale di un’articolata ed impegnativa attività di monitoraggio svolta a mare dalla struttura tecnica dell’ARPAC, in particolare ad opera della Unità Operativa Mare della Direzione Tecnica, con il supporto per le determinazioni analitiche dei Dipartimenti provinciali di Caserta, Napoli e Salerno.

Accanto al continuo monitoraggio marino, con campionamenti di campo ed analisi di laboratorio, viene svolta una costante attività di rapida validazione e pubblicazione dei dati in tempo reale sul sito web dell’Agenzia ed anche mediante un’apposita applicazione per dispositivi mobili – attivata innovativamente nello scorso anno – al fine di rendere un servizio di comunicazione pienamente accessibile al pubblico di operatori ed utenti, particolarmente utile nel periodo balneare.

In questo settore l’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente per la Campania, pur scontando strutturali difficoltà organizzative e croniche sotto dotazioni di risorse e personale, riesce ad offrire un servizio di monitoraggio della qualità del mare tra i più capillari ed avanzati in ambito nazionale, anche grazie all’impegno ed alla qualificazione dei propri operatori.