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Liberiamo i bambini dalle carceri

by Pietro Spirito
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Nella passata legislatura il Parlamento italiano è andato vicino dall’approvare una legge di civiltà sulla tutela dei bambini figli di carcerate, per evitare che siano detenuti anch’essi nelle carceri, in condizioni incompatibili con la crescita e la condizione dell’età. La istituzionalizzazione delle case famiglie protette quale luogo da un lato per la certezza della pena e dall’altro per il rispetto dei diritti dei bambini era la strada concretamente individuata. La Camera dei deputati aveva approvato la legge promossa da Paolo Siani; mancava il voto del Senato, ma l’interruzione prematura della legislatura ha determinato la decadenza del provvedimento, ed ora si deve cominciare daccapo.

Il conflitto tra maggioranza ed opposizione ha determinato il ritiro della proposta di legge, che era stata ripresentata nella nuova legislatura. Il centrodestra voleva depotenziare la novità della norma, registrandone il campo di applicazione; in particolare, Fratelli D’Italia, l’otto marzo scorso, in Commissione giustizia ha chiesto delle modifiche al testo. Una in particolare, se passasse, in caso di recidiva rischierebbe di separare i figli dalle madri detenute: di fatto neutralizzerebbe il sacrosanto principio della tutela e valorizzazione del rapporto tra le madri detenute e figli piccoli.

Allora a questo punto di Partito Democratico ha optato per il ritiro della proposta di legge. Il gioco dell’oca è tornato al punto di partenza. Ma ciò vuol dire che la battaglia è terminata? Per nulla. Al Museo PAN di Napoli è stata inaugurata la mostra “Senza colpe”, formata da ventisei foto di bambini scattate da Anna Catalano dietro le sbarre. Anna Catalano è la fotografa che dal 2018 va in giro negli istituti a custodia attenuata per detenute madri. Alla presentazione della mostra è seguito un dibattito che ha fatto il punto sullo stato della condizione carceraria dei bambini. Paolo Siani ha sottolineato che «mentre si cerca di rieducare una donna che ha commesso un reato, si condanna il suo bambino, innocente, a trascorrere i primi anni della sua vita, quelli decisivi, in luoghi giudicati inadatti dagli psicologi». Dove sono a rischio di «sviluppare difficoltà, nel gestire le emozioni, e senso di inadeguatezza, di sfiducia, di inferiorità».

«Il Comune con questa mostra contribuisce ad accendere la luce su queste mamme e su questi bambini», rimarca il sindaco Gaetano Manfredi. La tutela dei bambini costituisce un tema di civiltà, per il Sindaco di Napoli, e questa rappresenta una delle battaglie distintive nelle quali l’amministrazione cittadina intende essere presente in modo costante. Secondo l’ultimo censimento, che risale al 31 ottobre 2022, sono 23 i bimbi che vivono così. Mesi o addirittura anni dietro le sbarre: in un nido di una struttura circondariale tradizionale, se hanno meno di tre anni, o negli istituti a carcerazione attuata per le madri. Ce ne sono cinque al momento in Italia: a Lauro, in Irpinia, a Cagliari e al “Lorusso e Cutugno” di Torino, al “San Vittore di Milano, al “Giudecca” di Venezia.

L’Icam, l’istituto a custodia attenuata, non è adatto perché prevede restrizioni come un carcere vero e proprio. Non ha le sembianze di un penitenziario, ma è pur sempre una struttura detentiva con tutte le criticità che esso comporta. Il resto dei bambini è in carcere. Di fatto, è impensabile che un bambino debba mettere piede dentro un carcere e vivere lì accanto alla madre, in un luogo, che è sempre di detenzione, senza ricevere quei normali stimoli esterni, con il rischio di contrarre malattie.

Sono solo due, a Roma ed a Milano, le case-famiglia protette, che vengono invece giudicate come le uniche adeguate dal punto di vista della tutela dei diritti del bambino. Le case-famiglia hanno la peculiarità di trovarsi in località dove è possibile l’accesso ai servizi territoriali, sociosanitari ed ospedalieri, e possono fruire di una rete integrata a sostegno sia del minore sia dei genitori. Le strutture hanno caratteristiche tali da consentire agli ospiti una vita quotidiana ispirata a modelli comunitari, tenuto conto del prevalente interesse del minore. La battaglia continua. Paolo Siani, tornato a svolgere il suo mestiere di pediatra, continua a mantenere la barra dritta. Il sostegno dell’amministrazione cittadina, ed anche di tutte le associazioni che si battono per i diritti dei bambini, lascia aperto uno spiraglio per rendere più civile il nostro Paese.