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L’improbabile pace cinese in Ucraina

by Luigi Gravagnuolo
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Attenti alla giornata di domani. Sarò pure suggestionato dalla recente lettura del pamphlet di Elena Kostioukovitch ‘Nella mente di Putin’, ma il 23.3.23 è un giorno ad alto rischio. Secondo la celebre scrittrice – e traduttrice di Umberto Eco in russo – lo zar del Cremlino è ossessionato dalla numerologia ed attribuisce le difficoltà incontrate sul campo di battaglia ucraino ad un suo cedimento alle pressioni di Xi Jinping lo scorso anno. Lui aveva deciso, in ossequio alla numerologia, che avrebbe invaso l’Ucraina il 22.2.22, ma a Pechino erano in corso le olimpiadi la cui chiusura era programmata per il 20 febbraio, solo due giorni prima. Il potente alleato cinese lo aveva invitato alla cerimonia di apertura e Putin ne era stato una star. In quell’occasione gli aveva chiesto perentoriamente di non rovinargli la festa e di attendere qualche giorno prima di scatenare il putiferio in Europa. Così Putin rinviò l’invasione di due giorni, ma il 24.2.22 non era più il giorno buono per i suoi calcoli numerologici. E non lo fu.

Vero? Falso? Chissà, fatto sta che, se tanto mi dà tanto, quest’anno il giorno ‘buono’ per una qualche sua nuova iniziativa clamorosa potrebbe essere il 23.3.23. Non è proprio una data perfetta, comparendovi due cifre invece che una sola, ma chissà… E manco a farlo apposta, proprio alla vigilia del giorno buono di quest’anno, Putin ha invitato a Mosca il collega cinese, trattenendovelo per tre giorni di fitti incontri commerciali e geopolitici. Misterosofia a parte, atteniamoci ora ai fatti reali.

A Mosca Xi, oltre ad aver incassato la garanzia di forniture energetiche russe al suo Paese, durature e a basso prezzo, ha rilanciato il suo piano di pace in dodici punti, respinto per ora con fermezza dagli USA e dalla NATO e, con minore determinazione, da Kiev. Sul suo merito abbiamo abbozzato un’analisi a caldo il mese scorso, al momento in cui Pechino lo ha posto all’attenzione del mondo. Di per sé esso non pare punitivo nei confronti dell’Ucraina. Vi si afferma che nessuno ha il diritto di violare la sovranità nazionale e territoriale di altri Paesi secondo il diritto internazionale (punto 1) e che bisogna abbandonare la mentalità da guerra fredda (punto 2), quella mentalità cioè che vorrebbe il mondo diviso per zone d’influenza tra superpotenze. E non è stato Putin a violare la sovranità nazionale dell’Ucraina ed il diritto internazionale il 24 febbraio dello scorso anno? E non è sempre lui oggi a pretendere la ricostituzione della zona d’influenza ex sovietica in Europa sotto il pretesto di allontanare dai propri confini la minaccia della NATO, cioè a ragionare con mentalità da guerra fredda?

Certo, ci sono poi dei punti, in particolare il decimo, in cui Pechino chiede che si fermino le sanzioni ‘unilaterali’ dell’Occidente nei confronti della Federazione Russa, mentre nulla dice circa il previo ritiro delle truppe russe dal territorio invaso, il che è con tutta evidenza contraddittorio con le premesse. Ma di per sé, nel merito – ripeto nel merito – i dodici punti del piano di pace cinese non sembrano sbilanciati a favore della Russia. Potrebbero quanto meno costituire una base per avviare un dialogo, per andare a vedere la carte ad un tavolo negoziale. Per l’Occidente però il problema non è il merito.

Biden ed alleati temono che sia una truffa, un inganno finalizzato a fermare gli scontri alla vigilia dell’annunciata controffensiva ucraina – pare molto temuta al Cremlino – e per congelare l’attuale status quo sul campo, che vede la Federazione Russa occupare una parte consistente del territorio ucraino. Putin avrebbe così il tempo che gli serve per ricostituire il suo esercito, ad oggi numericamente ancora consistente, ma dotato di armi obsolete ed in preda ad un grave disordine nella catena di comando.

La diffidenza occidentale va anche letta alla luce delle tensioni nell’Indopacifico tra USA e Cina. Il Pentagono e la Casa Bianca sanno bene che è lì, in quel quadrante, che si svolgerà il vero confronto strategico decisivo del XXI secolo. Prima e più della Russia temono quindi la Cina e non intendono favorirne la crescita di influenza nel mondo. Un’influenza che ha avuto un’accelerazione proprio contemporaneamente alla crisi russo-ucraina. L’obbligo di Mosca di concentrare le attenzioni sui propri confini occidentali ha infatti aperto in altre aree del pianeta dei vuoti, che la Cina sta occupando senza colpo ferire.

In più Pechino, che già controlla di fatto la maggioranza dei Paesi dell’ONU, si propone ormai apertamente come la nuova potenziale leadership del mondo. Vedasi al riguardo il recente scongelamento dei rapporti tra Arabia Saudita ed Iran da esso mediato, ed oggi la riproposizione in pompa magna del piano di pace per l’Ucraina. Gli USA sono inevitabilmente preoccupati dal protagonismo cinese e tendono a circoscriverlo a prescindere dal merito delle iniziative intraprese da Xi Jinping.

Nella conferenza stampa congiunta tra il leader cinese e Putin, a chiusura della tre giorni di Xi a Mosca, i due all’unisono hanno sostenuto che occorre definire un nuovo ordine del mondo che escluda qualsiasi velleità di egemonia unilaterale di Washington. Ora, al di là dell’enfasi propagandistica su una presunta pretesa egemonica esclusiva degli USA – laddove è del tutto evidente che essi si trovano su scala planetaria in una fase piuttosto difensiva che offensiva – è lampante che l’ordine, per meglio dire il disordine del mondo, così come configuratosi dopo il collasso dell’URSS, non regge più e che occorre ridisegnare la geopolitica planetaria. Sotto questo rispetto gli USA sanno bene che, prima o poi, volenti o nolenti, dovranno sedersi ad un tavolo e ragionare nel merito.

Il fatto è però che, fin da quando è nata la storia degli uomini, mai un ordine geopolitico è stato sostituito da un nuovo ordine senza un conflitto al cui termine c’è stato inequivocamente chi ha vinto e chi ha perso. E per chi ha perso è stata spesso anche la fine della propria civiltà.

Comprensibile quindi la tenacia con cui l’Occidente sta difendendo la propria civiltà – sì, perché di questo si tratta – e che non sia disponibile oggi a sedersi al tavolo negoziale con una pistola puntata sulla sua nuca. A complicare le cose ci si è messa poi la Corte Penale Internazionale, con l’incriminazione di Putin per crimini contro l’umanità ed il conseguente mandato di arresto.

Tra la primavera e l’autunno di quest’anno è prevedibile dunque che non solo la guerra continui, ma anche si sviluppi una battaglia sui campi dell’Ucraina ancora più cruenta di quanto non lo sia stata sino ad oggi. Il punto in questo momento è la definizione dei rapporti di forza tra quanti si siederanno al tavolo negoziale. Sempre nella speranza che intanto a nessuno scappi il dito sul bottone nucleare!