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Lo studio sui Regi Lagni spiegato da Giuseppina Merola e Loredana Pascarella

by Flavio Cioffi
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I risultati di uno studio dell’Arpac – in collaborazione con Oxford – sulla qualità delle acque di balneazione in prossimità della foce dei Regi Lagni, sono stati recentemente illustrati nel corso della conferenza internazionale promossa dal Politecnico di Milano e dall’International Water Association. Un progetto di ricerca che rappresenta un contributo importante alla conoscenza del nostro territorio ed un significativo valore aggiunto all’attività di tutela ambientale dell’Agenzia. Ne parliamo con i tecnici che seguono il progetto: Giuseppina Merola, dirigente dell’area territoriale del Dipartimento Arpac di Caserta, e Loredana Pascarella, dirigente responsabile dell’Unità Operativa che si occupa del monitoraggio delle acque in tutta la provincia di Caserta.

Come è nata questa iniziativa?

Merola. Tutto è partito dalla mole di dati accumulati dall’Arpac nel corso di oltre venti anni di analisi sulle acque del canale dei Regi Lagni e sulle acque di balneazione. Abbiamo focalizzato l’attenzione sull’asta valliva dei Regi Lagni e su due tratti di mare, a monte e valle della foce: Pineta Grande Sud, che però si trova a nord, e Villaggio Coppola a sud. E poi il punto denominato Villaggio Agricolo, proprio alla foce. Abbiamo voluto mettere insieme questi dati per elaborarli e cercare di trarne elementi utili per avere il polso della situazione.

Pascarella. Questi dati non erano mai stati processati. Nel senso che erano stati utilizzati per le eventuali segnalazioni alle autorità competenti, però non erano stati sistematizzati per avere un’idea più precisa della correlazione fra la fonte dell’inquinamento e la sua localizzazione. Né allo scopo di direzionare i controlli ed elaborare un modello previsionale. Infatti, studiare un fenomeno nel tempo ed osservare che al verificarsi di determinate condizioni accade sempre lo stesso fenomeno di inquinamento, può consentire di modellizzare quel fenomeno.

Merola. Attenzione però. Questo studio ha un carattere del tutto speculativo, nel senso che potremmo anche non arrivare a nulla. Parliamo di fenomeni naturali molto complessi e quindi non è detto che si arrivi ad elaborare il modello predittivo.

Come si svolge concretamente il lavoro?

Pascarella. Nella prima fase ci siamo occupati della pura raccolta dei dati, reperendoli sia all’interno dell’Arpac che dal Centro polifunzionale della Regione per la prevenzione dei grandi rischi. A questi dati abbiamo dato un primo sguardo e abbiamo formulato delle ipotesi che sono state date “in pasto” a dei test statistici, con lo scopo di evidenziare eventuali correlazioni fra le variabili in gioco. Questi test ci hanno fornito risposte o di conferma rispetto alle ipotesi formulate inizialmente, o di smentita, o risposte vaghe. Ed è su queste risposte incerte che ci dobbiamo concentrare per ulteriori approfondimenti di campo. Un lavoro di squadra nel quale c’è tanta passione. La stessa che vi ha profuso la dottoressa Flavia Occhibove che lavora allo UK Centre for Ecology & Hydrology di Wallingford nel Regno Unito.

Merola. La Occhibove è un’esperta di modellistica dal punto di vista del trattamento statistico dei dati ambientali. E’ stato anche un modo per confrontarci con una realtà accademica e ricavarne un apporto importante. Ma va sottolineato il ruolo di tutti i tecnici del laboratorio e dell’Unità Operativa Mare. Un lavoro corale.

A che punto è lo studio?

Pascarella. A un punto, come si suol dire, di svolta. Ci siamo resi conto della grande complessità che caratterizza i fenomeni che stiamo valutando e, per arrivare a quella modellizzazione che auspichiamo, è necessario fare degli approfondimenti. Sia di campo, con ulteriori monitoraggi mirati, disegnando un piano di campionamento ad hoc. Sia ipotizzando nuove correlazioni modellistiche.

Ma vi siete fatte almeno un’idea della situazione?

Merola. A settembre dell’anno scorso abbiamo presentato lo studio a Remtech, il convegno annuale sulla protezione del territorio, evidenziando la correlazione tra i dati delle stazioni di Pineta Grande Sud e Villaggio Coppola con quelli che avevamo sulla temperatura dell’acqua del mare, l’intensità e la direzione della corrente, i dati pluviometrici. E’ emerso che le acque di Pineta Grande Sud erano significativamente più contaminate, mentre Villaggio Coppola aveva una qualità microbiologica migliore. Successivamente, c’è stata una evoluzione dello studio che abbiamo presentato al convegno del politecnico di Milano lo scorso 22 giugno. Sono stati registrati superamenti dei valori relativi ai depuratori comprensoriali che scaricano nei Regi Lagni: Marcianise, Orta d’Atella e Villa Literno. Ma non abbiamo trovato una significativa correlazione. Quindi intendiamo acquisire tutti i dati di questi depuratori dal 2017 al 2021, tenendo conto che in questi anni sono stati oggetto di importanti interventi di rifunzionalizzazione, per capire se ci sono stati dei riflessi positivi.

Se il progetto fosse coronato da successo, il modello potrebbe essere replicato?

Merola. Potrebbe essere applicato ad altri corsi d’acqua e, comunque, messo a disposizione della comunità scientifica e degli addetti ai lavori. Magari pubblicato. Poi vedremo se potrà discenderne anche un piano di interventi specifici.

Sembra che vi siate appassionate.

Merola. E’ vero, ci siamo davvero appassionate a questo studio al quale ci siamo dedicate anche durante il tempo libero. Una bella esperienza di lavoro comune cercando soluzioni ai problemi. Un approccio integrato che ci ha spinto a chiederci: questi dati cosa possono dirci di più? Ci siamo anche confrontati con i nostri colleghi che operano sul campo e che hanno un bagaglio di conoscenze importanti per capire le dinamiche territoriali. E ci tengo a ringraziare nuovamente i tecnici del laboratorio e della UO Mare, senza il cui lavoro il nostro non avrebbe potuto svilupparsi. E anche questa chiacchierata è un ulteriore sprone ad andare avanti.