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Metadone o integrità?

by Guido S. Mondino
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Prendo lo spunto dall’interessantissimo articolo di Luigi Gravagnuolo del 16 ottobre (https://www.genteeterritorio.it/giorgia-meloni-attenta-litalia-si-governa-col-metadone/) per aggiungere alcuni pensieri alla di per sé chiara, e dolorosamente vera, analisi dell’ex Sindaco di Cava de’ Tirreni.

Inizio dal passaggio nel quale egli cita le famose parole “sangue, fatica, lacrime e sudore” di Winston Churchill e soggiungo – con ulteriore tristezza – che non solo l’Italia di oggi non è il Regno Unito del giugno 1940, ma il Bel Paese non assomiglia, geneticamente, al Regno Unito.

Nessuno si offenda, per cortesia: nelle mie parole non vi è intenzione alcuna di sminuire i valori del nostro Paese a vantaggio delle terre di Albione. Ora mi spiego.

Esiste una sostanziale differenza tra la mentalità civica del mondo anglosassone (di fede anglicana-protestante) e quella italiana a matrice cattolica. Ciò include il senso dell’appartenenza sociale e del ruolo che il singolo individuo ha nel contesto collettivo. Per gli anglosassoni, inclusi tutti i popoli del Commonwealth, l’individuo allinea e adatta le proprie necessità a quelle dello stato e nazione giungendo fino ad anteporre quelle collettive a quelle personali. In Italia, a parte alcuni fondamentali episodi del Risorgimento e della Prima guerra mondiale quante volte abbiamo visto il bisogno collettivo prevalere su quello individuale?

E perché, invece, tutto ciò succede tuttora in UK, Australia, Canada, USA, ecc.? Vi sono svariati motivi:

  • Il sistema scolastico insegna ancora l’educazione civica ove i doveri individuali si integrano con le necessità collettive, le quali ultime, in talune circostanze, “prevalgono”. Chi ha frequentato le elementari negli anni 50-60 ricorderà bene che vi era un’ora alla settimana dedicata a tale argomento. In seguito, chissà perché, questa materia fondamentale per l’apprendimento dell’incastro tra doveri e diritti individuali con quelli della società fu abbandonata in una sciagurata riforma scolastica.
  • In virtù di tale punto, presso i popoli anglosassoni si educano le persone – fin dalla tenera età – al principio “together we stand, divided we fall” (uniti si sta in piedi, divisi si cade). Quando arriva il momento del sacrificio ci si serra sotto la bandiera, oppure attorno al trono o a una qualsivoglia istituzione a capo della società che “sta chiamando il popolo alla necessità collettiva”. Ricordate le madri, mogli, sorelle, figli e la gente comune con le bandierine sui moli di Portsmouth allorché le navi della Royal Navy partirono per riprendersi le Falklands nel 1982? Salutavano il sacrificio della nazione dinnanzi a una necessità impellente. Ora immaginate la stessa scena di “popolo quasi in festa” (si fa per dire) in un porto italiano… e ricordate, invece, coloro che gridavano “assassini” ai marinai schierati sul ponte di una nave che attraversava il canale di Taranto qualche mese fa.
  • In una parola, il primo male che la Meloni (o chiunque altro) deve curare – evitando il metadone – è l’educazione tesa alla diminuzione dell’individualismo a favore delle esigenze collettive, reintroducendo nella scuola l’educazione civica unitamente all’importanza dei doveri che ogni individuo ha nei confronti della Nazione.

Ora, proprio poiché la collettività esiste in quanto “uniti si sta in piedi e divisi si cade”, ecco che – allorché Luigi Gravagnuolo giustamente punta il dito contro il debito pubblico e i regali al metadone dei governi degli ultimi sessant’anni – entra in campo il secondo bubbone della peste: l’evasione fiscale che, a sua volta, è figlia dell’individualismo.

Un cittadino ben formato capisce da sé che le spese dello Stato non possono essere superiori alle entrate. Fa parte del principio (non retorico) di “gestione del buon padre di famiglia”. Se io finalmente credo alla priorità della collettività, pagherò le mie tasse non pensando solo a me, al mio profitto e al mio benessere, ma bensì inserendo coscientemente una parte del mio reddito nel calderone generale per aiutare la Nazione nei momenti difficili come anche nella costruzione e gestione delle infrastrutture che io stesso uso a mio piacimento, per vivere, per lavorare, per andare in vacanza.

Una questione di rispetto e di minor egoismo.

Certo, a quel punto salta fuori il bubbone più grosso e malefico per il nuovo Primo Ministro: se si desidera la fiducia dei cittadini, se si vuole che gli individui sentano il dovere di serrarsi sotto la bandiera al richiamo dei governanti… allora occorre eliminare la corruzione. Lo Stato deve imporre un’equa legge fiscale a tutti (individui, società commerciali e corporations) in modo giusto ma spietato: altro che flat tax di Padania propaganda! Ma poi, dall’altro lato, ovviamente lo Stato deve garantire che la gestione dei fondi pubblici sia eseguita in modo impeccabile, trasparente, senza falle e senza privilegi per alcuno. Come accade nel mondo anglosassone: infatti, alla IRS negli USA o a Revenue Canada non si sfugge e, se ci si prova, la bastonata è tale che la si ricorda vita natural durante. Per converso, la corruzione (che esiste, si badi bene, anche se minuscola e sporadica) è perseguita con ferocia assoluta, senza condoni. Le malversazioni politiche sono punite ancor più pesantemente proprio in virtù del fatto che si tratta di denaro pubblico.

Insomma, onestà sociale dal basso, onestà sociale dall’alto.

Senza voler contraddire l’amico Gravagnuolo, temo che la Meloni (e/o chiunque altro possa andare al potere nei prossimi decenni) non avrà bisogno di iniettare altro metadone nelle vene dei cittadini per curare i tre grandi mali: individualismo, evasione fiscale e corruzione. Semplicemente perché poi, a furia di metadone, si schiatta. Invece, serviranno concretezza, congruenza e integrità. Può darsi che mi si riderà in faccia dicendomi: “Bella scoperta! Lo sappiamo già da noi… ma tutto ciò è tanto illusorio quanto impossibile!” Forse. Tuttavia, se non si comincia nemmeno ci si arriva. E, se non si vuole finire come la Grecia, non vedo altra strada che non sia un sentiero lastricato di educazione, rispetto, integrità e sacrificio.

La mala amministrazione che vediamo nel nostro Paese da parecchi decenni – e Mr. Gravagnuolo lo sa assai bene, avendo nella sua esperienza politica pagato con la propria pelle il prezzo dell’integrità morale – non è poi tanto diverso da quanto riportato nelle cronache della Firenze di Dante Alighieri a cavallo tra il XIII e XIV secolo. Anzi, è un male che ritorna con ciclica, pericolosa ripetitività. Solo che… nel mondo delle economie allargate e globalizzate, è assai più letale che nell’Italia dei Comuni.