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Milano, così bella che nessuno la vuole (governare)

by Luca Rampazzo
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La corsa per la candidatura a sindaco del capoluogo lombardo è coperta da un velo di naturale pudicizia. Una nebbia fine, una pioggia di fine autunno, la avvolge e la rende grigia. Al momento la più grande notizia è che nessuno (di peso) la voglia governare. Se ci pensate, a suo modo, è una cosa straordinaria. Parliamo della capitale del PIL italiano, per quanto non in formissima. Una città che fino all’anno scorso era una meta turistica, pur senza alcun ovvio attributo che la rendesse eccezionale. Era, di fondo, un gioiello della corona.

Eppure. Eppure nessuno se ne vuole prendere carico. Nemmeno il sindaco uscente ha deciso se ricandidarsi. Sala guarda al sistema Lombardia, ragiona di sanità, attacca sui vaccini, lancia stoccate sul sistema dei trasporti ferroviari. Degli altri. A Milano riserva invece degli stati generali per immaginare il futuro. Della città, certo. Non il suo. Lui più di una volta ha segnalato insofferenza in un ruolo dove può incidere meno di quanto vorrebbe, rischia molto più di quanto immaginasse e viene pagato meno di quanto varrebbe sul mercato. Insomma, Milano gli sta stretta. Alla fine correrà? Onestamente non lo sappiamo. Ma il solo dubbio è indicativo.

Nel centrodestra è nebbia fitta in una notte di inizio inverno. Gli imprenditori più noti non paiono entusiasti. Le figure di cultura sono evanescenti. La scelta politica è rischiosa. Il candidato, annunciava speranzosa Giorgia Meloni, sarebbe saltato fuori a novembre. Correttamente, non ha inteso specificare l’anno, così nessuno le ha imputato colpa alcuna quando il primo dicembre ancora non si aveva un nome. Nel Cencelli della politica, è Roma a dare le carte. Bertolaso candidato chiuderebbe la via politica ed aprirebbe a sole candidature tecniche. Torino ha un civico che sta provando a federare. Milano ha solo tanta, tanta nebbia.

Così, in attesa dei protagonisti, sul palco salgono i personaggi minori. Come Giovanni Cafaro, esperto di comunicazione e primo codista italiano. Ovvero una persona che fa la coda per voi. Primo codista italiano lo dice lui, con una punta d’orgoglio. Di sicuro ci ha fatto un contratto nazionale di lavoro. Ed ora vuole fare il sindaco di Milano, vantando competenza anche nel campo della disabilità. È di tutta evidenza che il buon Cafaro è la spia di qualcosa che non gira negli ingranaggi della politica cittadina.

Di fondo, alla città delle elezioni non pare importare assolutamente nulla. Non c’è pathos nell’aria. Non c’è tensione, dibattito. È come se qui nessuno credesse davvero che si voterà. Non ci sono, attenzione, sottintesi politici o polemici. Non si crede alle elezioni di primavera perché la città non pare credere che avremo una primavera. Il Covid a Milano, con una seconda ondata devastante, ha fatto ammalare anche il futuro. Non possiamo ancora sapere chi si candiderà, ma vincerà sicuramente chi guarirà il futuro. E farà tornare a sognare la città.

Come una Disneyland di cartapesta sotto la tempesta, dalle periferie al Duomo, la poca gente per strada calpesta la poltiglia che un tempo era la Milano delle mille luci. Al primo week end di riapertura sono arrivati durissimi moniti a chi, fraintendendo, aveva capito che nei negozi aperti si potesse entrare. Questa atmosfera pesante, austera, sta avviluppando l’intera città. Ed i candidati, guardando le rovine, non paiono aver voglia di lanciarsi nella ricostruzione. Insomma, a Milano è nebbia fitta in più di un senso.