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Pompei underground

by Federico L. I. Federico
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Si potrebbe dire che il Parco Archeologico di Pompei si è mosso con perfetto e tempestivo ritardo verso la realtà underground dell’antica Pompei. E’ stata data soltanto ieri, infatti, la notizia dell’attività di ricerca e indagini conoscitive nel sottosuolo di Pompei Scavi e lo studio sui cunicoli e sui canali di drenaggio delle acque presenti in Pompei antica. In particolare, nella zona del Foro e nella fascia urbana tra la Porta Marina e la Villa Imperiale.

Una convenzione datata 2018 ha reso possibile l’indagine archeologica e tecnica su 457 metri lineari di percorso underground. Si farà luce sulle notizie confuse e incerte del “complesso sistema (…) poco aggiornato a causa di diversi fattori”, come annuncia il Comunicato Stampa del Parco Archeologico pompeiano. Lo stesso Comunicato poi continua così: “La recente esplorazione e analisi dettagliata del sistema di drenaggio ha avuto, pertanto, il doppio obiettivo di fornire informazioni inedite sull’evoluzione dell’area fra il Foro Civile e Porta Marina, e di identificare le potenziali criticità del sistema e le modalità più opportune per porvi rimedio e per mantenere intatta la funzione di scarico dei condotti, nel rispetto delle valenze archeologiche dell’opera”. E infine: “La prima fase del progetto (…) si è conclusa agli inizi di gennaio”.

Lo stesso Direttore Generale, Massimo Osanna, tra l’altro dichiara:Questa prima, ma completa esplorazione del complesso sistema di canali sotterranei conferma il potenziale conoscitivo che il sottosuolo di Pompei conserva, e dimostra quanto ancora ci sia da indagare e studiare”.

Stavolta ci diciamo completamente d’accordo, ma speriamo e auspichiamo che indagini e studi si spingano fino al periodo osco-sannita. Esso è glorioso – a nostro avviso – per la sapienza idraulica che seppero mettere in campo queste stirpi venute a fondersi con le genti campane, perché attratte dalla salubrità dei luoghi e dalla fertilità di terra e mare di quel sito protourbano poi chiamato in Osco Pumpàia. Solo così si potrà mettere la parola fine alla storica querelle che vede ormai sempre più numerosi studiosi e archeologi puntare il dito sul Canale Sarno, riconoscendolo come opera idraulica della protostoria pompeiana. Non del Rinascimento, come la quasi totalitaria Storiografia pompeianistica ci aveva finora tramandato. Insieme a Domenico Fontana.

Andiamo alla ri-scoperta quindi del Canale Conte di Sarno, simbolo principe della Pompei underground.

Nella Pompei sotterranea – prima e meglio del Parco però, purtroppo – si sono mossi i “fossores”, scavatori clandestini della Civita Giuliana. Sì, proprio quelli che nei mesi scorsi sono stati indirizzati sulle tracce del “cavallo bardato” del cantiere di scavo archeologico sotterraneo voluto dalla Procura di Torre Annunziata. Lo scopo era fare luce piena sugli scavi clandestini effettuati con cunicoli ricavati al di sotto della superficie calpestabile di terreni e strade, a nord della cinta muraria degli Scavi di Pompei. Il crollo parziale di cunicoli nuovi e vecchi ha compromesso i risultati di mesi di scavo, sconvolgendo i percorsi. Ci rimane il calco di quel cavallo ritrovato nella coltre vulcanica di cui pareva che ormai si conoscesse tutto, finanche il colore del mantello sauro. Cosa certamente impossibile, viste le altissime temperature delle fasi eruttive dell’immane tragedia del 79 d.C., come testimoniato dal ritrovamento a Ercolano di un cervello “vetrificato” dai gas roventi che hanno bruciato e “sublimato” il corpo del malcapitato.

Ma la grancassa delle Comunicazione ha accompagnato soprattutto la fase di scavo. E il sito, di straordinaria fertilità archeologica, è stato poi abbandonato a se stesso. Come nella più autentica tradizione… italica.