Era abbastanza evidente, tanti anni fa, che il Ponte sullo Stretto di Messina non sarebbe stato realizzato. Anzi, che non c’era la volontà di farlo davvero ma solo di annunciarlo, eventualmente raccogliere qualche voto e dare un po’ di soldi a progettisti e affini. Perché dovrebbe essere diverso oggi? La politica che porta avanti l’iniziativa è la stessa di allora, le motivazioni formali anche, la situazione del territorio non è cambiata. Questa volta ci sono i soldi del Pnrr, è vero, che potranno consentire di realizzare un nuovo progetto e fare un nuovo regalo agli addetti ai lavori, ma di impegnare la montagna di denaro necessaria anche no.
Unire la Sicilia all’Italia e all’Europa è il mantra dei pro-Ponte, ora come allora. E, ora come allora, mi domando: e da quando la Sicilia è unita con se stessa? da quando il Mezzogiorno con l’Italia e l’Italia con l’Europa? Che senso ha un collegamento del genere in un contesto territoriale di non sviluppo economico come quello del Sud? Se però transigo le cause in corso e faccio un nuovo progetto, incasso comunque un risultato politico e lobbistico. Poi, nel frattempo, la legislatura finisce e chi vivrà vedrà.
Questo per tacere dei problemi tecnici. Dalla sismicità dell’area alla lunghezza del ponte, dalla sostenibilità ambientale alle necessità manutentive. Certo, volendo, tutto si può fare. Ma ce lo ricordiamo il ponte Morandi tra gestione privata e controllo pubblico.
Eppure, l’iniziativa trova sostenitori insospettabili che sull’altare dei buoni rapporti con il Governo e con i costruttori/progettisti si dicono pubblicamente a favore. Forse hanno ragione a dirlo. Tanto, con ogni probabilità, neanche questa volta si farà il Ponte sullo Stretto.