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Scuola. Dare senso a ciò che si vuole fare

by Carmela Merone
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L’Autrice è dirigente scolastico presso il Ministero dell’istruzione.

Nessuno può rispondere con certezza ad un’emergenza che non ha limiti: né gli esperti di processi economici, sociali, culturali, politici e né i futurologi. Ora più che mai la pedagogia e le scienze dell’educazione devono tentare lo sforzo di immaginare scenari all’interno dei quali dare una risposta. Si delineano, pertanto, strategie formative che si concretizzano nell’acquisizione di nuove conoscenze/competenze ad apprendere in diversi contesti e a conseguire strutture e capacità cognitive attraverso un’alfabetizzazione con codici e linguaggi differenti. In tale prospettiva bisogna ripensare alle forme e ai dispositivi in uso, fare riferimento a diversi modelli formativi flessibili e articolati per delineare percorsi personalizzati e individualizzati.

Ci troviamo in definitiva di fronte a una situazione che connota una società della conoscenza attraverso la didattica a distanza, che si orienta verso la promozione di una diffusa crescita apprenditiva, sulla base di adeguati interventi e strutture di raccordo tra saperi e competenze. Tutto questo però non basta, in quanto l’obiettivo generale da perseguire, vista l’emergenza, deve essere la realizzazione di interventi che non siano compensatori o di riequilibrio o di mancanza di supporti e strumenti educativi adeguati. Quindi risulta indispensabile la nascita di nuovi paradigmi, non solo di rigore epistemologico, ma di efficaci strumenti operativi da adottare in presenza e a distanza.

Innanzitutto, in questo scenario va fatta necessariamente un’analisi della realtà educativa, evidenziando le problematiche, in quanto è difficile poter lavorare in aula con grandi gruppi dando delle risposte pedagogiche ai bisogni formativi richiesti; inoltre per quanto riguarda le risorse non tutte le istituzioni scolastiche sono sullo stesso piano e possiedono le stesse potenzialità, perché diversi sono i contesti, così come le esigenze, gli effetti e i cambiamenti.

Franco Fabbroni sottolinea che le emergenze sono “snodi problematici” che incidono sui processi di cambiamento, innestando efficacemente l’analisi e l’intervento educativo-formativo. Non possiamo più pensare solo ad un ambiente come è inteso dal pedagogista, “un’aula didattica decentrata”, un luogo privilegiato per una formazione integrale e varia della personalità, ma anche ad un ambiente laboratoriale virtuale per accrescere e completare le potenzialità formative, riscrivendo i curricula e ridefinendo gli elementi costitutivi di insegnamento dell’intero sistema scolastico. La Scuola ora deve diventare un laboratorio educativo per facilitare una continua riflessione sul proprio modo di concepire il senso di ciò che si vuol fare o si sta facendo. Il punto della questione non è cancellare le tecniche, ma cambiare metodi e promuovere uno stile di scuola sperimentale, di ricerca di nuove conoscenze, con nuovi spazi e nuove modalità di insegnamento, che valorizzi i bisogni, le capacità e le aspirazioni di tutti i soggetti, anche dei più deboli.

Quindi è possibile prevedere una didattica in presenza per recuperare, consolidare, potenziare e verificare le conoscenze e una didattica a distanza laboratoriale per acquisire le competenze, personalizzare gli apprendimenti, per dare spazio alla creatività e attivare una comunità di pratiche reali e virtuali orientate all’apprendimento collaborativo.

Per progettare azioni sostenibili, misurabili, attinenti agli obiettivi dell’Agenda 2030, laboratoriali, tenendo ovviamente conto delle specifiche esigenze di ciascuna istituzione scolastica e permettere a ognuna di esse di aprire in sicurezza, per ogni regione si possono adottare interventi e percorsi di orientamento, di middle management con personale specializzato inviato dall’Amministrazione centrale sui vari territori. In virtù di ciò, le soluzioni vanno trovate in accordo con le istituzioni scolastiche a partire dal sistema educativo 0-6 anni, ascoltando la base, perché ogni istituto ha una sua storia, un suo piano triennale dell’offerta formativa e una sua emergenza di edilizia scolastica.

Nonaka e Takeuchi parlano di figure intermedie che da un lato potrebbero consentire alla dirigenza un maggior coordinamento, controllo e valutazione delle prestazioni; dall’altro orienterebbero l’insieme delle/degli insegnanti nel fornirgli un quadro di riferimento utile per valutare le proprie esperienze e attivare un rinnovamento delle conoscenze, utili a strutturare interventi educativi liberi, di gioco, in presenza e a distanza, per una ripresa graduale a partire dal mese di settembre. Questo processo di trasformazione pone una concreta sfida alla formazione, chiamata a rispondere alla domanda di nuove competenze da sviluppare e diffondere. Pertanto, ai sistemi formativi si pone l’urgenza di adeguare non solo la quantità dei servizi ma anche i propri fini, i contenuti e soprattutto i metodi e le modalità organizzative.

Alla luce di quanto detto cambiano le abitudini quotidiane, le forme di trasmissione di conoscenza, i vincoli di luogo e di tempo, il senso di appartenenza ad un gruppo e la comunità di apprendimento. Bisogna orientare le/i discenti a mettere in campo tutte le proprie capacità di ricerca, di raccolta, di selezione delle informazioni ricevute attraverso un processo di continua costruzione e ricostruzione dei saperi che circolano. In sintesi, a grandi gruppi si potranno raggiungere competenze relative al lavoro cooperativo sincrono ed asincrono, quali l’utilizzo di piattaforme specifiche per la realizzazione di progetti comuni da svolgere insieme alla propria classe virtuale. Per gestire questo processo in modo coerente la/il docente diventa una guida, un facilitatore che coordina e non ordina il processo formativo, ma che rinforza quanto si sviluppa a piccoli gruppi nella didattica in presenza. Passare da un insegnamento basato sulle conoscenze ad una didattica centrata sulla costruzione sociale delle competenze, attraverso l’attivazione di comunità di pratiche reali e virtuali orientate all’apprendimento collaborativo, presuppone una graduale formazione del personale scolastico e la messa in opera di strutture adeguate per una possibile risposta all’attuale situazione emergenziale.