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Voto a luglio senza preferenze. Due guai al posto di uno

by Luigi Gravagnuolo
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Sono venuti allo scoperto. Prima se lo sussurravano, poi hanno fatto trapelare qualcosina sui social, infine lo dicono apertis verbis. Parlo di alcuni pezzi rilevanti del ceto politico italiano che spingono per il voto regionale e comunale a fine luglio con una legge elettorale ad hoc, che abolisca le preferenze. Un’ignominia a mio avviso.

Questa testata già due volte è intervenuta a favore delle ragioni del rinvio e per sollecitare il Viminale ed il Quirinale a decretare ed a promulgare senza ulteriori indugi al riguardo. Una prima volta con un mio pezzo lo scorso 14 marzo, quando tutti erano certi che le elezioni sarebbero state rinviate in autunno (link).

Una seconda il 22 aprile con un articolo di Lucia Severino, quando cominciava a prendere piede l’ipotesi del voto a luglio (link).

Tra i nostri argomenti c’era la considerazione dell’impraticabilità di una campagna elettorale in tempi di contagio da coronavirus ancora attivo. Una campagna elettorale richiede necessariamente l’organizzazione di incontri con gli elettori, le strette di mano, i comizi più o meno affollati. E, al di là del tempo formale dei 30 gg a partire dalla consegna delle liste alle prefetture sanciti dalle norme, tra composizione delle liste e suo svolgimento, dura di fatto non meno di tre mesi. Per votare a fine luglio bisognerebbe rompere immediatamente gli indugi e decidere hic et nunc che i giochi sono aperti. Si può farlo mentre si continua a raccomandare – qualche volta a minacciare – i cittadini affinché rispettino le norme del distanziamento ed evitino ogni forma di assembramento? O dobbiamo rassegnarci ad un confronto elettorale in streaming?

Si sostiene che ad ottobre potrebbe esserci l’ondata di ritorno del maledetto virus e che perciò sarebbe anche peggio. Appunto, potrebbe, non è certo. La certezza è invece che il contagio riprende fiato se oggi rompiamo le righe sui comportamenti cautelari da mantenere.

Messi per così dire con le spalle al muro, alcuni fautori del voto estivo hanno trovato il rimedio: dal momento che, per la loro valutazione alquanto singolare, gli assembramenti elettorali sono opera dei candidati ai consigli alla frenetica ricerca delle preferenze sui propri nomi, si aboliscano le preferenze e si voti con le liste bloccate. Cioè con il sistema già adottato per la scelta dei parlamentari nel 2018, i cui brillanti risultati in termini di selezione della classe parlamentare sono sotto gli occhi di tutti. Insomma, per rimediare ad un guaio, se ne combinano due.

Vorrei tuttavia chiarire il mio punto di vista sui sistemi elettorali, nessuno dei quali è perfetto, ma dei quali senz’altro il peggiore è il loro cambiamento perenne, ogni volta alla vigilia di un voto ed ogni volta a tutela del pezzo di classe politica al momento maggioritario.

Non sono innamorato delle preferenze, so bene che attraverso esse spesso le mafie hanno trovato il modo di infiltrarsi nelle istituzioni. Peraltro le liste bloccate sarebbero il viatico che consentirebbe di portare nelle istituzioni personalità di spessore, ma magari poco inclini alla caccia al voto personale. Scienziati – e Dio sa quanto ce ne sarebbe bisogno – giuristi, umanisti che nella competizione delle preferenze sarebbero soccombenti rispetto ai praticoni del porta a porta. Non avrei perciò alcuna difficoltà a preferire un sistema elettorale con liste bloccate, che affidi la responsabilità culturale, politica ed anche penale della loro

composizione ai presentatori delle liste ed ai candidati presidenti e sindaci ai quali sono collegate; a condizione però che esse fossero definite in organi liberi e democratici, attraverso un confronto trasparente.

Una volta lo spazio in cui si svolgevano questi confronti era quello dei partiti politici. C’è qualcuno che ne ha ancora traccia? Ed allora, se questo è come nei fatti è, senza partiti – che certo non si possono riesumare in una settimana – chi sceglierà i nomi dei candidati e la loro collocazione nelle liste? Io sospetto – sono malpensante? – che lo faranno i singoli leader, i quali si costruiranno liste a propria immagine e somiglianza, costituite da uomini e donne senza personalità e disposti a ubbidir tacendo. Magari chiedendo ai candidati, come condicio sine qua non, di sottoscrivere previamente e ‘liberamente’ atti notarili in cui accettano di pagare multe salatissime se, da eletti, dovessero mai avere il capriccio di pensare, e soprattutto di votare, alla luce della propria coscienza. Per favore, se c’è qualcuno che ritiene che mi sbagli e che viceversa le liste bloccate saranno definite attraverso procedure democratiche da illuminati organi politici collegiali alzi il dito.

Si dirà che non tutti i leader sono uguali. Certo, però …