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La Federico II ultima per il Censis. Per alcuni è ridicolo

by Flavio Cioffi
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Alcuni giorni fa, abbiamo pubblicato un articolo che dava conto delle classifiche del Censis sulle università italiane. Lo abbiamo titolato, un po’ provocatoriamente, “Le classifiche del Censis. La Federico II ultima”. (https://www.genteeterritorio.it/le-classifiche-del-censis-la-federico-ii-ultima/) L’articolo, dopo aver sinteticamente illustrato i risultati del lavoro del famoso istituto di ricerca, riporta le relative considerazioni del ministro Manfredi e del rettore De Vivo. Quindi, nel sottolineare l’oggettiva difficoltà di stilare graduatorie del genere, ritiene comunque utile valutare la didattica senza estrapolarla dai servizi tramite i quali viene erogata. Pertanto invita chi di dovere a rifletterci su e non limitarsi a cestinarla.

Giusto? Sbagliato? Non sta a me valutarlo. La notizia è vera e abbiamo cercato di presentarla in maniera equilibrata ed attenta. Ma evidentemente ne abbiamo sottovalutato l’impatto sul mondo accademico napoletano. Il professore Edoardo Cosenza, già preside della facoltà di ingegneria della Federico II, ha pubblicato questo commento sulla nostra pagina Facebook. “Vedete bene chi finanzia Censis. E una classifica che non considera didattica e ricerca fra i parametri di valutazione è semplicemente ridicola. Va bene per valutare un villaggio vacanze. Spazzatura e mi sorprende non poco che la prendiate in considerazione”.

Un commento forte. Ma non è stato il solo docente a protestare. Il Censis un baraccone. Un ente da chiudere. Guardate piuttosto lo Shanghai Ranking. Quanto basta per spingerci a tornare sull’argomento.

Non si sa esattamente chi finanzi il Censis. Si tratta infatti di una Fondazione e per legge non ha l’obbligo di pubblicare informazioni al riguardo. Pare però che viva essenzialmente di incarichi. Di “clienti” sia pubblici che privati. Le polemiche al riguardo si sprecano. Ma nel caso specifico, si sospetta forse che prenda soldi per penalizzare le università meridionali?

La debolezza della sua classifica e di quelle analoghe (lo stesso Shanghai Ranking è stato sottoposto a forti critiche) sembra non risiedere tanto nei criteri adottati in sé. Quanto nella metodologia usata per aggregare gli indicatori. Anche qui, sono anni che la graduatoria Censis viene contestata da più parti. Forse sarebbe più corretto dire, come ci è stato suggerito, che raccontare la complessità delle criticità e delle potenzialità delle università italiane attraverso un unico still frame è un errore. Andrebbe analizzato lo strumento messo a disposizione dal Censis.

Questo non vuol dire che la graduatoria non sia opinabile o magari completamente sbagliata. Il Censis è considerato da molti un istituto serio ma non detiene il verbo. Ma che forse studiare i dati, contestualizzarli e svilupparli in ottica propositiva, pensando agli studenti prima di tutti, sarebbe auspicabile.

Se c’è un rischio da sempre incombente sul mondo accademico è quello dell’autoreferenzialità.

Ah dimenticavo. Noi abbiamo preso in considerazione la notizia perché è appunto una notizia.