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Il valore della geografia

by Luigi Gravagnuolo
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L’ho evocato molte volte nei miei pezzi, chiedo pertanto scusa ai pochi lettori che mi leggono con costanza se lo rispolvero ancora una volta. Parlo di Robert David Kaplan, giornalista prima di assurgere all’accademia USA ed agli studi strategici, già inviato di guerra, che ad un certo punto, proprio sulla scorta della sua esperienza, comprende la rilevanza della geografia nelle relazioni umane e la sua incidenza sulle dinamiche storiche. Così nel 2012 scrive per Foreign Policy (tradotto in italiano a puntate da L’Occidentale) un breve saggio, ‘La vendetta della Geografia’, in cui constatando come mari, fiumi e monti, confini naturali  tra le nazioni, spesso non combaciano con i confini politici degli Stati – ciò a causa dell’ignoranza o della sottovalutazione della geografia da parte degli statisti – rinviene in queste discrasie la causa più frequente di tensioni e conflitti duraturi nel tempo. Gli statisti, nei loro trattati internazionali, disegnano i confini tra gli Stati spesso noncuranti dei vincoli geofisici e la geografia si vendica generando guerre: questa in estrema sintesi la tesi del giornalista geografo.

Passando anno dopo anno da un fronte di guerra all’altro – Kaplan ha osservato da vicino e prodotto reportage dall’Iraq, durante la guerra con l’Iran; dal Medio Oriente; dall’Etiopia; dall’ Afghanistan, durante la guerra con i sovietici, e da altri scacchieri – ha constatato come la quasi totalità delle guerre locali, la famosa ‘guerra mondiale a pezzetti’ di cui spesso parla papa Francesco, scoppiano nei territori di confine laddove nello stesso spazio convivono più etnie o più nazionalità con relative confessioni religiose identitarie.

Accade infatti che nelle regioni multiculturali la nazionalità dominante dello Stato in cui esse ricadono tenda a omologare le minoranze, specie quando risiedono nelle marche di confine; di conseguenza, se queste minoranze nazionali sono a loro volta dominanti nello Stato adiacente, chiedono protezione ed aiuto al vicino connazionale e correligionario. Allorquando questo Stato raccoglie la sollecitazione e interviene valicando i propri confini, inevitabilmente si scatenano i conflitti che storicamente hanno insanguinato e che ancora insanguinano il pianeta.

Per restare a casa nostra, nei secoli scorsi è successo nel Sud-Tirolo/Alto-Adige, dove tuttora convivono tirolesi germanofoni ed italiani. Nel periodo durante il quale la regione fu parte dell’Impero Austro-Ungarico, la minoranza italiana subì discriminazioni e vessazioni dai germanofoni dominanti in Austria. Entrata a far parte dell’Italia dopo la Prima guerra mondiale, gli Italiani, specie nel ventennio fascista, tentarono di italianizzarla forzatamente rendendo illegale l’uso della lingua tedesca ed espropriando molti tirolesi delle loro terre per insediarvi famiglie italiane. Poi, dopo la Seconda guerra mondiale, si aprì un trentennio di aspre tensioni tra tirolesi ed altoatesini, con frequenti attentati ed omicidi, per finalmente addivenire nel ‘72 alla definizione di uno status condiviso per la convivenza pacifica, fondato su un modello giuridico ed istituzionale oggi preso ad esempio nel mondo.

È appena il caso di sottolineare come anche il tragico conflitto in corso nel cuore dell’Europa trovi la sua genesi nelle terre di confine, il Donbass e Luhans’k, facenti parte dello Stato ucraino ma limitrofe alla Russia ed in maggioranza russofone nonché fedeli al Patriarcato di Mosca.

Insomma, studiare e conoscere la geografia, e non solo quella umana o geo-storica e geo-economica, ma anche quella fisica, l’idrografia e l’orografia, le città, gli Stati e i confini, aiuta a capire il mondo. E qual è il fine della scuola se non quello di fornire ai giovani gli strumenti cognitivi e le metodiche analitiche per interpretare in autonomia critica la realtà in cui vivono ed orientarsi in essa?

Un plauso quindi al Ministro della Pubblica Istruzione Patrizio Bianchi, che la settimana scorsa ha istituito una Commissione per la conoscenza e lo studio della geografia nella scuola.

Nel suo comunicato il Ministro ha chiarito che “la Commissione elaborerà un rapporto periodico sullo stato dello studio e della conoscenza geografica nell’intero sistema scolastico. Formulerà poi proposte per la formazione, inziale e in servizio, dei docenti, per l’elaborazione del Piano triennale dell’offerta formativa (PTOF), con particolare riferimento allo sviluppo sostenibile, in continuità con il Piano RiGenerazione Scuola. Gli esperti dovranno indicare anche modalità per valorizzare l’apprendimento della Geografia fuori dalle mura scolastiche e monitorare le buone pratiche internazionali. Dovranno proporre nuovi strumenti didattici e promuovere, tramite l’alfabetizzazione geografica, la solidarietà, l’inclusione, la lotta contro le disuguaglianze”.