Ci eravamo illusi, avevamo sperato che le penose partite della nazionale italiana della fase a girone di questi europei dipendessero dalla preparazione atletica. Tutte le squadre che vogliono arrivare fino in fondo caricano i muscoli in fase di avvio, per dare loro potenza, e alleggeriscono i carichi per acquisire velocità nelle fasi finali, ci dicevamo. Succede così – è sempre successo alla nazionale italiana anche nelle edizioni dei mondiali e degli europei che poi ha vinto – che nelle prime partite le squadre blasonate vengano sorprese dalle outsider. Confidavamo in questo. Mister Spalletti, coadiuvato dall’ottimo preparatore atletico Sinatti, aveva programmato tutto. Il rischio di uscire ai gironi faceva parte del gioco. L’aver superato il turno grazie al colpo di classe di Zaccagni e alla botta di fortuna dell’Italia all’ultimo minuto di Italia-Croazia pareva essere il segnale che lo stellone ci avrebbe assistito. Vedrete, dicevo a me stesso e agli amici al bar, con la Svizzera saremo in forma. Certo la qualità dei calciatori è quella che è, però quando le gambe si saranno sciolte, giocando di squadra, sorprenderemo tutti.
E invece con la Svizzera è andata anche peggio che nel girone. L’Italia si è letteralmente squagliata. Niente velocità, niente grinta, niente personalità, niente classe. Meno che mai gioco di squadra. Niente di niente, tranne il martire Donnarumma, al quale ci inchiniamo.
Sono anni che fatichiamo. Agli ultimi due mondiali non siamo neanche stati ammessi. Eppure nel ’20, solo quattro anni fa, l’europeo lo avevamo vinto noi. E nove undicesimi di quella squadra erano ancora nella rosa dei convocati da Spalletti per questa edizione. Come abbiano potuto smarrirsi fino all’umiliazione di ieri sera merita una riflessione fredda, anche cruda.
Impossibile eludere le responsabilità di mister Spalletti. Grande maestro di calcio, ma allenatore di campo, non selettore. Lui ha bisogno di tempo, di seguire i propri calciatori giorno per giorno per mesi. I suoi schemi esigono ripetute a non finire e memorizzazione inscalfibile. Lui stesso a fine partita ha confessato: ‘non abbiamo avuto il tempo che occorreva’. Ora la Federazione deve decidere, dargli il tempo di continuare fino al prossimo mondiale, oppure ringraziarlo e salutarlo. Resta l’impressione che non abbia le attitudini proprie di un allenatore di nazionale, il quale è un selettore prima che un allenatore di campo. Lui è una persona preparata e di grande intelligenza. Magari col tempo e facendosi forte della deludente esperienza di questi europei, riuscirà a entrare meglio nel ruolo del selettore. Per ora però non lo è. Ha dimostrato di non esserlo.
Quanto ai calciatori, ci sono annate ed annate, come per l’uva. Le annate di mezzo tra quella del mondiale del 2006 e l’attuale sono state annate mediocri. E hai voglia di spremere, da un’uva mediocre non verrà mai fuori un ottimo vino. E così è stato. E non vale nascondersi dietro l’alibi dei troppi stranieri che arrivano in Italia e della mancanza di coraggio degli allenatori e delle società nel gettare nella mischia i giovani italiani. Sciocchezze, se il giovane italiano è buono e migliore dello straniero, gioca lui. Chi mai metterebbe in panchina il Donnarumma di quattro anni fa – non dico di quello di oggi, che è scontato – per far giocare uno straniero più scarso di lui? Piuttosto è Gigio a togliere il posto nel PSG ad un portiere francese, e Maignan è un eccellente portiere. Così Vicario e lo stesso Jorginho in Premier sono titolari. Anche Sandro Tonali era titolare in Premier prima di essere squalificato. Insomma, se il giovane italiano vale, gioca. Nessun allenatore mette in campo i più scarsi per esterofilia.
Con le dovute eccezioni, beninteso. Quest’anno – per dirne una – al Napoli tre allenatori tre hanno fatto giocare il disordinato Cajuste e tenuto in panchina il talentuoso Gaetano, che poi, andato al Cagliari, ha messo in mostra il suo cristallino valore. Ma sono eccezioni appunto. In generale se un giovane gioca bene, entra in campo, che sia italiano o straniero. Il fatto è che negli ultimi anni gli stranieri sono più bravi degli italiani, come si è visto anche in questi europei dove brillano tanti calciatori della Serie A, ma in altre nazionali.
Ora pare che le ultime annate stiano producendo buona uva per il calcio italiano. Dall’Under 15 all’Under 21 le selezioni giovanili del calcio italiano stanno vincendo o comunque arrivando in finale nei campionati mondiali ed europei dei pari età. Se li si educa – anche moralmente: mica si può tollerare che un giovane che ha avuto la grazia del talento, quindi di poter accedere agli ingaggi faraonici dei calciatori, si metta a scommettere al calcio-scommesse, finanche puntando sulla sconfitta della propria squadra! – li si cura tecnicamente, gli si dà il tempo di maturare, la nostra nazionale risorgerà. Bisognerà però avere pazienza. Quante annate abbiamo aspettato prima di veder rinascere il tennis italiano?