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Rischio RADON: l’impegno operativo dell’ARPAC

by Stefano Sorvino
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L’Autore è Commissario straordinario dell’Agenzia Regionale per l’Ambiente in Campania

In Campania è diventato di recente attualità il tema della tutela rispetto alle emissioni di gas radon, per effetto della recente emanazione della legge regionale 13/2019, che sta suscitando l’interesse delle categorie e dei tecnici e soprattutto la necessaria attenzione degli esercenti e dei soggetti obbligati agli adempimenti previsti dalla nuova normativa, che richiama l’impegno operativo dell’Arpa Campania per i rilevanti profili di competenza.

La legge, approvata nello scorso luglio, articola un apposito sistema di interventi e di prevenzione rispetto all’esposizione alla radioattività naturale derivante dal radon, che costituisce un rischio insidioso in quanto invisibile ed impercettibile, prevedendo il controllo dei livelli di concentrazione di tale gas all’interno degli edifici esistenti e di nuova costruzione, residenziali e non, attraverso norme di monitoraggio, pianificazione e risanamento.

Il radon (Rn) appartiene al gruppo dei cosiddetti “gas nobili”, inodore, incolore e radioattivo, prodotto dal decadimento del radio – a sua volta generato da decadimenti successivi dell’uranio – ed è variamente presente in tutta la crosta terrestre tra terreni e rocce, con effetti gravemente perniciosi per la salute e particolare incidenza sulle patologie oncologiche polmonari.

Il gas radon fuoriesce continuamente dal suolo e dal sottosuolo, penetrando all’interno degli edifici, e si concentra nei luoghi chiusi caratterizzati da inadeguata areazione fino a raggiungere livelli talvolta così elevati da rappresentare un rischio sanitario certo, in particolare nei locali più bassi dei manufatti (oltre a particolari luoghi di lavoro sotterranei quali tunnel, gallerie, catacombe, ecc.), soprattutto interrati e seminterrati, con pareti a diretto contatto con il suolo.

In ambito sanitario gli studi epidemiologici evidenziano con certezza l’incidenza cancerogena del radon sugli esseri umani, con particolare riferimento all’incremento della mortalità e dei tumori polmonari – allo stesso modo del fumo e dell’amianto – come noto da tempo e ritenuto ufficialmente anche dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Le possibili vie di esposizione a tale gas sono costituite innanzitutto e soprattutto dal rilascio dal terreno e poi anche, in misura più ridotta, da determinati materiali di costruzione oltre che dall’utilizzo di acqua per uso potabile.

Il problema è certamente presente in Campania perché, oltre alle cause generali, alcuni materiali tipici di costruzione, anche a causa della conformazione geo-morfologica del territorio – come quelli tufacei e di provenienza vulcanica – costituiscono sorgenti naturali di radon, anche se il loro contributo all’inquinamento dei luoghi chiusi risulta secondario rispetto al gas propagato dal sottosuolo mediante il cd. “effetto camino”.

L’unità di misura della concentrazione di radon, secondo i sistemi di classificazione internazionale, si esprime in becquerel al metro cubo (Bq/m3), che si registra mediante metodologie e tecniche di campionamento esercitate con strumentazioni e rilevatori attivi (a scintillazione, a semi-conduttori, etc.) e passivi (a tracce nucleari, ad elettrorete, etc.).

Sul piano normativo le fonti costitutive sono di livello euro-comunitario, come per tutta la materia ambientale, costituite da una serie di direttive settoriali Euratom, e in particolare dalla più recente direttiva 2013/59 del Consiglio 5/12/2013 che stabilisce norme fondamentali per la protezione da radiazioni ionizzanti, superando le precedenti del 1989, 1990, 1996/97 e 2003, recepite in Italia dal D.lgs. 230/1995 (in materia di radiazioni ionizzanti ma anche di sicurezza nucleare, gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi derivanti da attività civili).

La Regione Campania, con propria legge n. 13 del luglio 2019, ha effettuato un recepimento “avanzato” dell’ultima direttiva Euratom del 2013 – sulla base dell’esperienza di altre regioni – approvando la disciplina organica “in materia di riduzione delle esposizioni alla radioattività naturale derivante dal gas radon in ambiente confinato chiuso”. Tuttavia, a fine novembre, lo stesso legislatore regionale ha disposto una parziale moratoria dei termini di applicazione della propria normativa, in attesa dei decreti statali di recepimento della stessa direttiva Euratom, di cui alla legge di delegazione europea 2018 (Legge 4/10/2019 n 117, con cui il Parlamento ha delegato al Governo l’attuazione di direttive), che potrebbero anche stabilire limiti e modalità diverse.

Nonostante la parziale moratoria, si è comunque utilmente attivata la fase informativa e preparatoria, con una crescente attenzione tra gli esercenti, dirigenti e amministratori pubblici – che hanno responsabilità per gli edifici tenuti alle attività di misurazione – ed un diffuso interesse professionale tra le categorie tecniche interessate alle attività stesse, in attesa della puntualizzazione dei profili operativi della nuova disciplina.

Pur tra le apparenti contraddizioni ed incertezze del processo legislativo di recepimento delle direttive europee, tra norme regionali anticipatrici e decreti statali sopravvenienti, l’iniziativa della Campania costituisce comunque uno stimolo positivo a formare la necessaria consapevolezza e ad attivare le azioni propedeutiche di monitoraggio e prevenzione rispetto all’immanente rischio radon, da fronteggiare anche attraverso interventi strutturali.

A monte degli interventi operativi dovrà formarsi una adeguata pianificazione, articolata mediante strumenti di settore di livello nazionale, regionale e locale. Infatti, la disciplina regolamentare all’art. 2 prevede l’approvazione entro due anni (luglio 2021) del Piano regionale radon – avente un contenuto conoscitivo, informativo, localizzativo e tecnico-operativo – da predisporre con il supporto tecnico-scientifico dell’Arpac, in coerenza con il piano nazionale di settore del Ministero della Salute.

Nelle more della sua approvazione, a cui dovrà poi adeguarsi settorialmente la pianificazione urbanistico-territoriale della stessa Regione e degli Enti locali- con l’integrazione delle relative norme tecniche – devono essere redatte apposite linee guida ad opera di un gruppo di lavoro regionale (informalmente già operativo), a composizione mista ambientale e sanitaria, costituito da Arpac, Asl e altri enti.

L’art. 3 della legge regionale stabilisce livelli limite di concentrazione di 200 Bq/m3 per le nuove costruzioni e per quelle oggetto di ristrutturazione, eccetto per i vani tecnici isolati o di servizio, salvo limiti specifici o più restrittivi che potrebbero essere previsti dalle norme statali. Secondo la legge, i progetti edilizi di nuove costruzioni devono contenere dati tecnici dedicati e soluzioni adeguate per il rischio radon, in particolare rispetto alla tipologia di suolo ed ai materiali impiegati, e gli strumenti urbanistici devono essere accompagnati da studi preliminari con la definizione di adeguate tecniche costruttive ed apposite prescrizioni.

L’art. 4 prevede diversi limiti di concentrazione per gli edifici esistenti, e quindi per il già costruito, da misurare attraverso un monitoraggio continuativo su media annuale (suddiviso in due semestri), con particolare riferimento ai cosiddetti “edifici strategici” ed a quelli destinati all’istruzione scolastica ed ai locali interrati, seminterrati e al piano terra aperti al pubblico, con esclusione dei residenziali e dei vani tecnici, stabilendo un livello limite non superiore ai 300 Bq/m3 (meno restrittivo, ovviamente di quello previsto per le nuove costruzioni).

Gli esercenti per i locali aperti al pubblico e le amministrazioni responsabili per gli edifici strategici e scolastici devono avviare le misurazioni su base annuale, articolate per il periodo autunno/inverno e primavera/estate, e poi trasmettere gli esiti dei rilevamenti continuativi effettuati al Comune interessato, all’Arpa ed all’Asl territorialmente competente.

Il punto giuridicamente decisivo del procedimento è costituito, in caso di inadempimento della misurazione entro il termine perentorio di diciotto mesi dall’entrata in vigore della legge (gennaio 2021), dalla importante previsione sanzionatoria della sospensione del certificato di agibilità, previa intimazione agli inadempienti mediante ordinanza comunale. Qualora ad esito delle misurazioni si riscontri un livello di radon superiore al limite consentito, il soggetto responsabile è obbligato a presentare e realizzare un piano di risanamento e, a seguito dell’esecuzione degli interventi necessari, è tenuto ad effettuare le nuove misurazioni presentandone l’esito al Comune, pena la sospensione del certificato di agibilità.

I Comuni sono tenuti, dal canto loro, a predisporre progetti di recupero e risanamento per gli edifici esistenti che saranno individuati a rischio radon dal Piano regionale di prevenzione, con un impegno finanziario e tecnico-progettuale che risulterà non facilmente sostenibile per gli stessi enti locali, oggi stressati dalla pesante e duratura crisi della finanza territoriale.

Come si vede, la legge regionale del luglio 2019 prevede per la prima volta meccanismi articolati di misurazione, monitoraggio del rischio radon e conseguenti piani di intervento, mediante procedimenti e tempistiche ordinatorie fino al termine finale e perentorio di adempimento, severamente sanzionato con la comminatoria di sospensione dell’agibilità, che renderebbe gli immobili temporaneamente inutilizzabili.

L’applicazione della normativa ingenera qualche dubbio interpretativo, con la conseguente necessità di definire, come già previsto dalla stessa legge, apposite linee guida per chiarire aspetti amministrativi e soprattutto tecnici, in ordine ad esempio ai criteri di definizione dei luoghi di lavoro sotterranei, dei metodi e tecniche di misura attiva e passiva delle concentrazioni di radon, dei requisiti degli organismi di misura, della figura del responsabile tecnico e quant’altro.

In ambito nazionale sono disponibili esperienze pregresse ed un punto di parziale riferimento potrebbe essere, ad esempio, rappresentato, previo il necessario aggiornamento e la eventuale “personalizzazione” alle esigenze della Campania, dalle linee guida approvate dalla Conferenza dei Presidenti delle Regioni e Province autonome nel febbraio 2003 per “le misure di concentrazione di radon in aria nei luoghi di lavoro sotterranei”.

L’Arpa Campania è uno dei principali soggetti di parte pubblica chiamati operativamente in causa dall’attuazione della legge, in qualità di massimo organo tecnico in materia ambientale e con competenze specifiche sulla radioattività, sia a supporto della Regione – per la predisposizione delle linee guida, del Piano e per ogni forma di assistenza e collaborazione tecnica – sia come ente di controllo, corresponsabile della verifica degli adempimenti e, in particolare, destinatario delle misurazioni effettuate dai soggetti obbligati.

Nell’ambito dell’organizzazione tecnica dell’Agenzia opera il Centro regionale radioattività (CRR), con un laboratorio ubicato a Salerno ma operante per l’intero territorio regionale, che dispone di un piccolo ma qualificato gruppo di tecnici, attualmente in fase di graduale potenziamento nonostante la limitata disponibilità di risorse finanziarie ed umane.

L’Arpac ha già attivato e reso disponibile il proprio supporto di esperienze e know how, anche con la pubblicazione di elementi utili sul sito istituzionale, la predisposizione di un opuscolo informativo ed il contributo al confronto operativo con le categorie, gli ordini e collegi professionali, gli addetti ed i tecnici di settore interessati ad affrontare la problematica.

Oltre ai compiti istituzionali già definiti dalla legge, l’Agenzia – ove ciò sia confermato dagli indirizzi e dalle linee guida regionali – potrà svolgere, previo un ulteriore e necessario potenziamento della propria struttura, attività di controllo delle concentrazioni di radon negli edifici pubblici, a richiesta di enti ed amministrazioni su base convenzionale, mediante appositi accordi e protocolli, oltre all’esercizio del controllo sulle acque potabili di tutta la Campania.

Si tratta di nuovi ed impegnativi compiti per l’Agenzia ambientale, oberata di prestazioni e responsabilità, già in parte attivati e da organizzare nel breve/medio periodo, nel contesto di uno sforzo complessivo da parte sia dei soggetti pubblici che dei privati interessati e delle categorie tecniche – sulla base di una matura conoscenza e consapevolezza del rischio radon – volto ad incrementare il livello di sicurezza ambientale e sanitaria del nostro territorio.