fbpx
Home blue economy Un ricordo di Francesco Nerli

Un ricordo di Francesco Nerli

by Marco Di Stefano
0 comment

Il 2020 è un anno che certamente si farà ricordare anche per aver portato via tanti sani affetti, vicini e lontani, a molti di noi. Ed anche il mondo della portualità il 28 novembre scorso ha dovuto rinunciare ad uno dei suoi più importanti protagonisti, Francesco Nerli.

Di lui si sono dette e scritte tante cose in questo ultimi giorni e virtualmente intorno al suo feretro si sono raccolti tanti protagonisti del mondo politico, sindacale, imprenditoriale e delle professioni che hanno voluto ricordarlo per le sue speciali competenze e per i risultati raggiunti, che francamente sono indiscutibili.

Quello che scrivo non sarà gradito a molti e forse alimenterà anche qualche polemica. Ma mi auguro comunque che non venga interpretato, in nessuna misura, come una critica velata a chi ha preceduto Nerli alla guida del porto di Napoli ovvero a quanti lo hanno seguito, sia come Presidenti che come Commissari. Per tutti questi – nessuno escluso – in varia misura dobbiamo sempre manifestare gratitudine per l’energia profusa, la voglia di fare cose nell’interesse dello sviluppo del nostro territorio. E tutti saranno ricordati per le cose buone, grandi o piccole, che – a vario titolo – hanno comunque messo in campo, senza inutili polemiche.

Il mio primo incontro con Francesco Nerli risale esattamente a venti anni fa, quando venne designato come presidente dell’Autorità Portuale di Napoli fino a quel momento governata da Francesco Saverio Lauro, un giovane e promettente avvocato marittimista che, molto distante dalla politica, aveva lasciato i suoi impegni professionali per diventare il primo presidente di un’Autorità Portuale. Un Ente figlio di quella legge che proprio Nerli aveva fortemente voluto fino a consacrarla nel 1994 come la “riforma delle legge dei porti”, la Legge 84/94, che indiscutibilmente è stata, ancorché con dei limiti, una delle più fortunate riforme degli ultimi cinquant’anni.

Prima di allora non lo avevo mai incontrato e, a dire il vero, non ne avevo neanche sentito parlare, essendo solo con la testa tra le carte dei progetti.

Io all’epoca ero un giovane professionista che già da molti anni operava, come progettista, nel settore delle infrastrutture portuali, con idee politiche ben distanti da quelle del neo Presidente.

Nerli arrivò inaspettatamente a Napoli, deludendo anche le aspettative di riconferma di Francesco Lauro (che pure aveva lavorato bene) nel primo periodo di grande turbolenza nel porto.

All’epoca il sindaco di Napoli, Antonio Bassolino, ancora forte dei suoi consensi anche derivanti dalla fortunata ed efficace gestione nel post-tangentopoli del G7 a Napoli, lanciò quasi a fine del mandato del presedente Lauro l’idea di “aprire il porto alla Città”, fino all’ora racchiusa da alte e bellissime cancellate del regime, che segnavano una forte cesura tra il porto e la Città. Ma l’idea, benché forte ed importante, pretendeva una gestione complessa. Ma non c’era tempo e Lauro venne compulsato a liberare il porto dalle cancellate dalla Darsena Acton al molo Immacolatella, nel tratto che venne poi individuato come l’area monumentale del porto di Napoli, senza troppi ragionamenti. E così avvenne. Allo stesso tempo gli imprenditori, soprattutto quelli dell’Associazione Costruttori Edili di Napoli, accusavano Bassolino di aver rilanciato solo l’immagine della Città, di aver connotato la sua azione con piazza Municipio liberata dalle auto (al pari del lungomare liberato di De Magistris) ma di non aver fatto nulla per rilanciare l’economia reale. E fu così che Bassolino – sempre additato di marcare una profonda distanza dal mondo degli imprenditori dell’edilizia – diede mandato ai suoi più stretti collaboratori di ascoltare quelle istanze pressanti e di trasformare, ove possibile, le loro proposte in azioni concrete. Vennero quindi fuori dall’ACEN tre idee di Project Financing, tutte frettolosamente confezionate, nessuna delle quali – ad oltre 20 anni, è bene dirlo – ha dato vita a nulla. Tra queste la realizzazione, a levante del porto commerciale, di un porto turistico da oltre 1.000 posti barca. Ma la fretta non è mai buona consigliera come non lo sono state le attività di supporto all’amministrazione mal confezionate. E così il project financing di Porto Fiorito rivelò drammaticamente tutte le sue carenze, essendo stato proposto su beni del demanio marittimo che non erano nella disponibilità dell’amministrazione comunale e comunque in assenza di una destinazione d’uso compatibile. Inoltre non si era tenuto conto che su quelle aree vi era già insediato un piccolo approdo a servizio di un cantiere navale, quello della Cantieri Navali Partenope, massacrato ingiustamente nel tempo a questa inutile iniziativa. Scattarono indagini, perquisizioni, acquisizioni di atti negli uffici dell’Autorità Portuale, del Comune di Napoli, dell’ACEN, degli imprenditori ed il porto di Napoli registrò la prima grande incursione della magistratura.

Ed è in questo contesto che arriva Francesco Nerli che, appena insediato, toglie dall’imbarazzo tutti gli attori coinvolti elaborando, in pochissimi giorni, un Accordo di Programma per l’area di Napoli Est che si allargava ad un ampio territorio retroportuale, ponendo le basi non solo per una “sanatoria urbanistica” per il project financing di porto Fiorito, ma anche per lo sviluppo ad oriente dei traffici delle merci in containers (Nuova Darsena di Levante), il recupero della fabbrica ex Cirio e del polo universitario di San Giovanni a Teduccio, oggi una grande realtà.

Venne a seguire la costituzione di una società partecipata dalla Port Autority, la Napoli Orientale scarl, che aveva avviato il percorso per la costruzione del PUA di San Giovanni a Teduccio proprio per risolvere il problema, ancora oggi molto sentito, della progressiva delocalizzazione dei petrolieri dall’area orientale di Napoli con la riqualificazione edilizia e forti premialità per promuovere, con fondi privati, la bonifica dei suoli. Una società ignobilmente chiusa nel 2010 su impulso della Camera di Commercio.

E poi vennero i progetti per la riqualificazione del waterfront portuale, con Nausicaa, con l’idea oggi da molti dimenticata di porre rimedio a quella frettolosa apertura del porto alla Città che, sebbene ancora oggi pienamente condivisibile, richiedeva forse una maggiore coordinamento ed un maggior tempo.

E poi il recupero di tutti i progetti che il suo predecessore Francesco Lauro aveva lasciato in eredità, benché ancora in forma di progetti preliminari o definitivi.

Ed è su questo che occorre fare una prima valutazione dell’uomo, prima ancora che del Presidente del porto. Senza nessuna forma di protagonismo che spesso porta gli amministratori a modificare o distruggere il lavoro fatto dai predecessori, Nerli prese in braccio tutte i progetti che gli erano pervenuti, li rafforzò, li modificò quando possibile senza mai alterarli nella sostanza ma soprattutto li trasformò in realtà. E venne così il tempo delle inaugurazioni fatte solo per opere realizzate. Nei primi quattro anni del suo mandato Franceso Nerli portò a compimento oltre 80 milioni di euro di opere che sono risultate strategiche per la vita del porto ed immediatamente dopo portò ad adottare una prima versione del Piano Regolatore Portuale, il progetto ed i finanziamenti per la Nuova Darsena di Levante, quello del waterfront e tanto altro ancora.

Fu un periodo di pace sociale in cui la Città vedeva un porto laborioso, che impegnava imprese, professionisti, lavoratori e tante risorse. Un porto che vedeva aumentare i traffici e che condivideva costantemente le varie scelte con le istituzioni, le imprese portuali, le parti sociali tutte riunite nel compianto comitato portuale. Eppure i comitati portuali, nell’epoca di Nerli, non erano mai un problema.

Sarebbe ingiusto oggi raccontare che Francesco Nerli ebbe a Napoli solo consensi aperti e proseliti. Tutt’altro. Ma quello che è certo è che – pur con la necessaria sintesi – ebbe il coraggio di ascoltare tutti, di rispettare tutti (indipendentemente dalle provenienze, dai rapporti di collateralità o di amicizia) e di portare avanti un percorso che a suo modo era nell’interesse esclusivo del porto di Napoli, anticipando anche – senza clamori – quei grandi temi sulla logistica che hanno posto lo scalo partenopeo al centro del Mediterraneo e di uno scenario internazionale che oggi viene riproposto, a vario titolo, da tanti nelle più svariate occasioni, talvolta ripetendo concetti che neanche hanno ben compreso.

In quel periodo il porto era operoso, i dirigenti ed i funzionari del porto garantivano sempre una grande efficienza ed anche quelli che per scelte, anche non condivisibili, venivano messi da parte non registravano mai sofferenze o mancanze di rispetto. C’era una guida sicura che potava piacere o meno ma certamente era una guida salda, osservata con assoluto rispetto non solo dalla politica locale ma anche da quella nazionale. Francesco Nerli aveva sempre la porta aperta, era sempre possibile proporre idee o progetti, ovvero soluzioni. Venivi ricevuto in poco tempo e sempre – dico sempre – uscivi da quella stanza, dopo pochi minuti, con le idee chiare: o vi era un si o vi era un no, talmente motivato e convincente, che ti rassicurava anche quando avresti voluto ricevere un’altra risposta.

Ma non finisce qui. Quello che tutti al porto ricordano è stata anche l’equidistanza dei grandi e potentissimi gruppi armatoriali ai quali non si è mai genuflesso, ed il grande rispetto per i lavoratori.

I lavoratori erano la sua storia, la sua formazione passata per Frattocchie, dalle file di un PCI toscano di cui oggi vi sono solo timidi ricordi, da una militanza sindacale ancora sana e salda nella CGIL quando i sindacati si occupavano – solo ed esclusivamente – dei lavoratori. Esperienze che ebbero a portarlo in parlamento prima come deputato e poi come senatore della Repubblica, fino a farlo approdare alla presidenza della Commissione Trasporti del Senato che gli consentì di portare a termine una delle più importanti riforme della storia repubblicana nel settore della logistica e dei trasporti: la riforma del sistema portuale, la Legge 84/94, da molti chiamata la “riforma Nerli”.

Io ho avuto il privilegio di lavorare con lui in molti importanti e difficoltosi progetti del porto di Napoli e, seppure con il distacco che riservava simpaticamente a tutti da buon toscanaccio, non mi sono mai sentito solo o privo di appoggio.

Ricordo che alle tante inaugurazioni di opere ringraziava – a spolvero – le istituzioni, le imprese, i tecnici (senza mai nominare nessuno!) per poi soffermarsi in un lungo sentito ringraziamento rivolto a tutti i lavoratori che materialmente avevano trasformato un’idea in realtà. Un ringraziamento così sentito che talvolta ti sentivi anche un po’ trascurato per lo sforzo profuso, per poi a comprendere che era proprio giusto così!

Purtroppo Francesco Nerli ha concluso prematuramente il suo mandato a seguito di un’inchiesta giudiziaria con l’accusa di concussione ambientale, per aver raccolto contributi elettorali per il suo partito di provenienza. Processo culminato, dopo troppi e lunghi anni, con l’assoluzione piena. Quando è arrivato a Napoli Nerli aveva solo 52 anni ed è uscito prima di compiere sessant’anni. Aveva e avrebbe avuto diritto a grandi prospettive, avrebbe potuto essere un buon ministro dei Trasporti e tanto antro ancora. O forse avrebbe potuto semplicemente contribuire ad aggiornare quella legge di riforma che aveva fortemente voluto con la sapienza di chi mette mano ad una cosa che ben conosce in tutte le sue parti. Ma così non è stato e solo dopo più di dieci anni, dopo aver compiuto 70 anni, dopo essersi visto ingiustamente escluso dal suo mondo – anche penalizzato da una risibile legge che mette fuori gioco gli over 65 – ha visto dichiarare la sua assoluta estraneità alle accuse ed ai fatti che tumultuosamente hanno sconvolto la vita sua e dei suoi più stretti collaboratori, pure esclusi da ogni addebito. Ma quello che qui tengo a ricordare non è solo l’esito di un lungo ed estenuante processo, bensì il comportamento dei tanti imprenditori, professionisti, uomini delle istituzioni che al processo non hanno esitato a dichiarare la verità, ovvero che Nerli era stato un buon presidente e che non aveva, direttamente o indirettamente, estorto niente a nessuno. E quel che più conta che ad assolverlo dalle accuse sono stati anche i suoi detrattori, gli imprenditori che ritenevano di essere stati svantaggiati rispetto ad altri, professionisti di altre idee politiche come il sottoscritto. E lo hanno fatto quando Nerli non aveva più alcun potere contrattuale, né poteva più averlo. Napoli è un po’ cosi!

Quello che non dimenticherò e che anche quell’ingiusto processo – che ha distrutto la carriera e modificato l’esistenza – non gli ha fatto cambiare minimamente atteggiamento e non lo ha mai incattivito. Mai.

Sono stato un suo fermo oppositore perché ritenevo, come ritengo, che un porto turistico a levante dello scalo commerciale avesse impedito lo sviluppo di nuove infrastrutture, assolutamente necessarie per lo il porto; e che l’iniziativa avviata aveva condotto solo alla morte di una piccola realtà imprenditoriale, la Cantieri Navali Partenope. Ma l’idea di porto Fiorito non era certo la sua, l’aveva ereditata!

L’ho incontrato anni dopo quando, in un diverso ruolo e quale componente del comitato portuale, sono stato tra i principali protagonisti della chiusura della società Nausicaa, una sua creatura creata per veicolare una riprogrammazione del waterfront portuale. Ne parlai a lungo ed anticipatamente con lui, dibattemmo su varie questioni e concluse pacificamente: “non importa mai il mezzo, le opere possono anche subire modifiche. Contano le idee che sopravvivono”!

Anche quando parlai con lui del Grande Progetto dei Porti di Napoli e Salerno, delle enormi risorse finanziarie che potevano confluire dai programmi FESR e delle “linee di indirizzo per lo sviluppo sostenibile del porto di Napoli”, progetti a quali ho dedicato molta energia, trovai sempre un utile e franco contributo e mai un contrasto per cose che non erano state messe in campo durante il suo mandato. Anzi un giorno mi disse: “magari avessi avuto l’accompagnamento e le risorse del Grande Progetto”!

I comportamenti, la linearità e l’umiltà fanno la differenza.

Oggi la perdita di Francesco Nerli è sentita con commozione da tutta la comunità portuale, anche da quelli che lo hanno opposto ma che gli hanno sempre riconosciuto il valore del protagonista indiscusso. I suoi più stretti collaboratori, Pietro Capogreco e Vita Convertito, sono letteralmente straziati dal dolore. A questi vanno l’affetto mio e dell’intero cluster portuale per la vicinanza al presidente Nerli.

Non minore è l’angoscia che ha avvolto tutti quelli che, come è capitato al sottoscritto, hanno avuto modo di conoscerlo da vicino.

Un grande imprenditore del porto di Napoli, oggi di rango internazionale, molte volte in aperto contrasto con le scelte di Francesco Nerli, dopo aver rappresentato il suo dispiacere, mi ha scritto in privato una frase bellissima: “Comunque è stata la bella sfida della mia vita con lui e forse lo devo ringraziare per la sua caparbietà”.

Buon viaggio Presidente.

 

Marco di Stefano, classe ‘62, è un ingegnere specializzato in opere portuali, amministratore della società di ingegneria SISPI srl che negli ultimi venti anni ha progettato e diretto un gran numero di infrastrutture marittime, molte delle quali nei porti di Napoli e Salerno

Dal 2010 al 2012 è stato assessore della Provincia di Napoli con delega alla “risorsa mare” ed è stato componente del Comitato Portuale; dal 2011 al 2014 è stato componente della cabina di regia presso la presidenza della Giunta regionale della Campania per lo sviluppo del Grande Progetto dei Porti di Napoli e di Salerno. Attualmente è componente dell’Organismo di partenariato dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Centrale su designazione del presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli.